Page 4 - Alessandro Pelizzon - La “personalità ambientale”: un nuovo principio di diritto per la giustizia climatica?
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ALESSANDRO PELIZZON





               1. L’emergenza di una giurisprudenza ecologica

                  Negli  ultimi  dieci  anni,  iniziative  costituzionali,  legislative  e  giudiziarie
               relative  ai  diritti  della  Natura  sono  emerse  in  un  numero  crescente  di
               giurisdizioni,  dalla  Bolivia  all’India,  dalla  Nuova  Zelanda  alla  Colombia,
               segnando l’articolazione pratica di questa nuova teoria giuridica come uno degli
               orientamenti giuridici in più rapida crescita del ventunesimo secolo. In un arco di
               tempo così relativamente breve si possono già individuare tre fasi all’interno del
               movimento: dopo un iniziale focus sull’accettazione della Natura come titolare
               dei diritti, si è verificato uno spostamento verso l’identificazione di detto titolare
               dei diritti come persona giuridica. Il movimento sembra ora vivere una terza fase,
               quella  in  cui  il  focus  è  diventato  l’articolazione  di  una  nuova  categoria  di
               personalità, provvisoriamente chiamata “persona ambientale”. Anche se ancora
               proteiforme, l’emergere di una categoria così nuova rappresenta comunque un
               terreno fertile per il dialogo inter-giurisdizionale e inter-normativo sulla giustizia
               climatica e sugli obblighi etici delle istituzioni di governance globale, nonché il
               focus di questo articolo. In un periodo di incertezza sociale globale indotta dal
               clima,  questo  capitolo  si chiede  in  ultima  analisi: la  “personalità  ambientale”
               potrebbe emergere come un nuovo principio di diritto con particolare significato
               per l’azione e l’etica climatica e ambientale?
                  L’interesse  odierno  nella  protezione  dell’equilibrio  ecologico  della  Natura
               dovrebbe  portare  al  conferimento  del  diritto  di  azione  agli  oggetti  ambientali
               stessi, per essere in grado di iniziare azioni legali per la propria protezione, scrisse
               il  giudice  Douglas  della  Corte  Suprema  degli  Stati  Uniti  nella  sua  opinione
               dissenziente nel caso Sierra Club v Morton del 1972 . Questa affermazione fu ispirata
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               dalla pubblicazione, non molto tempo prima, di un articolo intitolato Should  Trees
               Have  Standing?   del  professor  Christopher  Stone  della  University  of  Southern
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               California. Il professor Stone si era chiesto se la Natura (fiumi, alberi e animali)
               avrebbe potuto avere dei diritti propri .
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                  La  questione,  scaturita  dall’interesse  per  questioni  di  diritto  di  proprietà,
               divenne ben presto uno dei pilastri fondamentali di una nuova considerazione
               delle questioni giuridiche ambientali, destinata a sbocciare in una vera e propria
               nuova branca della teoria giuridica. La riflessione di Stone portò ad affermare che
               non è né inevitabile né opportuno che gli elementi naturali siano privi di diritto d’azione




                  1  Sierra Club v Morton, 405 US 727, 1972. In originale: «Contemporary public concern for protecting nature’s
               ecological equilibrium should lead to the conferral of standing upon environmental objects to sue for their own
               preservation».
                  2  STONE, Should Trees Have Standing? Towards Legal Rights for  Natural Objects, in Southern California
               Law Review, 1972, 45.
                  3  Ibidem. In originale: «What would a radically different law-driven consciousness look like? … One in which
               Nature had rights … Yes, rivers, lakes, … trees … animals … (I may have ventured ‘rocks’; I am not certain.) How
               would such a posture in law affect a community’s view of itself?».

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