Page 8 - IANUS n. 28 - La rilettura dei paradigmi giuridici tradizionali alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile
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scambi commerciali perché sono causa di un uso intensivo degli ecosistemi e
risultano inefficienti in termini di fabbisogno energetico.
La necessità di tutelare l’ambiente di fronte a minacce sempre crescenti
spinge anche a far uso di strumenti innovativi quali quelli offerti
dall’applicazione dell’intelligenza artificiale. Come sostiene Costanza Di
Francesco Maesa, l’uso di questa nuova tecnologia, per esempio al fine della
conservazione degli ecosistemi forestali che rappresentano uno degli habitat più
importanti per la salvaguardia della biodiversità e per la mitigazione dei
cambiamenti climatici, se da un lato si dimostra particolarmente efficiente,
dall’altro solleva questioni di natura giuridica sia nell’ambito degli ordinamenti
statali e sovranazionali che in quello internazionale. Problemi di rispetto della
privacy e della libertà di esercizio della proprietà privata dei proprietari delle
terre in cui le foreste sono dislocate si affiancano alle minacce per la sicurezza
nazionale degli Stati che vedrebbero i dati sensibili, relativi al loro territorio,
gestiti dagli amministratori dei sistemi di intelligenza artificiale.
Sebbene alcuni ordinamenti giuridici, come quello dell’Unione europea,
tentino di individuare soluzioni che coinvolgano un numero sempre più ampio
di attori responsabili per la tutela dell’ambiente e la lotta ai cambiamenti
climatici, appare complesso raggiungere tali obiettivi attraverso i paradigmi
politico-giuridici attualmente esistenti. Il saggio di Celeste Pesce descrive
l’ambizioso obiettivo dell’Unione europea di raggiungere la neutralità climatica
entro il 2050 che si aggiunge all’impegno di ridurre le emissioni nette di gas a
effetto serra di almeno il 55% entro il 2030. Sebbene sia riconosciuta
l’obbligatorietà di tale obiettivo per le autorità, nazionali ed europee, interessate,
esso costituisce soprattutto un fine politico che, nel quadro delle riforme
legislative attuative del Green Deal europeo, persegue l’intento di legare gli
obiettivi climatici e la rivoluzione verde in termini di imprescindibilità e di
funzionalità reciproca. Nel saggio di Emanuela Orlando, l’esame della proposta
di Direttiva relativa al dovere di diligenza delle imprese ai fini della sostenibilità
evidenzia come tale strumento normativo miri all’effettiva responsabilizzazione
delle imprese transnazionali e al contenimento degli impatti climatici e
ambientali associati alle catene del valore. Ciò rappresenta un primo tentativo di
“partecipazione” dei privati alla realizzazione della transizione ecologica
nell’Unione europea.
La responsabilizzazione di soggetti diversi quali gli individui, le persone
giuridiche e in ultimo gli Stati e gli organismi internazionali per la realizzazione
di uno sviluppo sostenibile che contribuisca alla conservazione dell’ambiente e
delle sue risorse è sostenuta anche nel saggio di Klaus Bosselmann, il quale
assume come presupposto che ogni essere umano appartiene alla comunità
“vivente” del nostro Pianeta. Nell’ambito dell’ordinamento giuridico
internazionale, lo Stato sovrano, in nome e per conto dei propri cittadini,
dovrebbe quindi assumersi le responsabilità di “amministratore fiduciario” della
Terra sia a livello nazionale che internazionale. Tale responsabilità
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