Page 42 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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ALESSIA FACHECHI
complessivo regolamento di interessi fra le parti. Così, quanto più la garanzia è
forte, tanto migliori saranno le condizioni praticate al debitore principale.
È possibile che la banca, nell’impossibilità di imporre il modello ABI e, quindi,
di scaricare sul fideiussore i rischi dell’operazione per mezzo delle clausole in
discorso, non avrebbe, verosimilmente, concluso né il contratto di garanzia, né,
soprattutto, il contratto di finanziamento a esso collegato. O lo avrebbe concluso
a condizioni peggiori per il cliente.
Per questa via, le clausole diventano essenziali e la teoria della nullità parziale
ex art. 1419 c.c. non regge più.
Ma si potrebbe ragionare anche diversamente.
La garanzia non va considerata, si diceva, come mera replica delle condizioni
generali o atto esecutivo di uno schema per parte nullo, e quindi non è capace di
generare di per sé effetti anticoncorrenziali; occorre invece valorizzare il ruolo che
svolge a supporto dell’operazione economica complessiva.
L’impiego di clausole rafforzative della posizione creditoria è sì correlato al
contenimento del rischio legato al rapporto di finanziamento, ma risponde di solito
anche a un interesse dell’impresa finanziata, che, in mancanza di garanzia, avrebbe
forse applicato condizioni di credito meno favorevole (se non altro in punto di
interesse). In questa prospettiva, non sarebbe utile la mera mutilazione del
contratto, ma neppure risponderebbe agli interessi delle parti la nullità totale.
Peraltro, non sono infondate le preoccupazioni per gli effetti sistemici della scelta
rimediale.
La garanzia dell’effetto solutorio definitivo, e l’esclusione di ogni ipotesi di
arricchimento ingiustificato realizzabile dal debitore potrebbero rendere la
garanzia legittima ed escludere ogni contrasto con i principi fondamentali.
La normativa antitrust persegue principalmente interessi di natura pubblicistica,
come sostengono le Sezioni unite, ma gli interessi di cui sono portatrici le parti non
sono irrilevanti e meritano considerazione nell’individuazione del giusto rimedio.
Detto altrimenti, la soluzione, in prospettiva rimediale, non può essere
univoca per qualsivoglia strategia attuativa degli accordi di cartello.
Si pensi al caso in cui l’intesa vietata imponga un overcharge. Qui la tutela
risarcitoria - calibrata sulla differenza tra il prezzo pagato e quello che,
plausibilmente, sarebbe stato determinato in una condizione di libero mercato -
potrebbe risultare rimedio adeguato e congruo, perché utile a portare equilibrio
tra le posizioni contrattuali e a realizzare un effetto deterrente sugli autori
dell’intesa anticoncorrenziale. Senza ricorrere al rimedio dell’invalidità, che
rende precarie le relazioni di mercato.
In definitiva, il disegno anticoncorrenziale può assumere contorni differenti e
molto diverse possono essere anche le modalità di attuazione dello stesso. Per
questo, nel valutare il rimedio esperibile dal soggetto leso dall’illecito antitrust,
occorre dare valore alle peculiarità della singola vicenda e agli interessi in gioco,
rifuggendo dalle astrazioni e dai dogmatismi che fanno da sfondo al dibattito ormai
da decenni.
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