Page 5 - Mariano Robles - Alla (ri)scoperta di un (inedito) evergreen: CSDDD, finanza strutturata "sostenibile" e diritti "secondi"
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IANUS n. 29-2024                       ISSN 1974-9805





               si accennava, in aggiunta alle più recenti discipline unionali di riferimento. E così,
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               ove si volesse valorizzare la portata euristica dell’iniziale termine “crisi” , esso
               appare  declinabile  non  soltanto  nell’accezione,  meramente  «ricognitiva»,  di
               patologia riferibile ad un fenomeno (giuridico) nella sua fase di estinzione; quanto
               piuttosto,  ed  in  forma  prospettica,  di  «attitudine  a  discernere»  (dall’originario
               etimo  κρίσις)  la  compromissione  di  assetti  congegnati  secondo  dinamiche
               incompatibili con lo stesso perdurare del sistema, di cui risultano parte integrante.


               2. (Segue): paradigmi a confronto

                  Orbene, l’evocata chiave di (ri)lettura, individuabile nella sostenibilità, finisce
               inevitabilmente per arricchire la dimensione normativa del «prevedere»: sol che si
               consideri, restando al piano codicistico, ed a titolo puramente esemplificativo,
               sebbene estremamente significativo, il disposto dell’art. 2740 c.c. che, nel rendere
               «responsabile» il debitore con «tutti i suoi beni presenti e futuri», ne segna, in
               punto di «effettività», la misura e, per ciò stesso, il limite della relativa capacità ad
               «auto-vincolarsi» in forma pattizia; implicandone, per giunta, una valutazione
               (intertemporale) circa l’«idoneità» a fare fronte agli impegni contratti, vale a dire,
               la sostenibilità del (proprio) «debito» .
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                  Questa direttiva imporrebbe, allora, di interrogarsi se, più in generale, l’intera
               area  delle  obbligazioni  tenda  a  darsi  un  autonomo  nucleo  unificante,  che  sia
               congruo con i limiti di «apertura» e «atipicità» insiti nell’art. 1173, ult. inciso, c.c.,
               in forza del quale la «conformità all’ordinamento giuridico» di «ogni atto o fatto»
               derivi non già da un’effettività informe, quanto piuttosto da una ricostruzione di
               sistema  incline  ad  assegnarvi  «legittimazione»,  nella  (sola)  misura  in  cui



                  6  In direzione complementare al meritevole approccio di A. IULIANI, Il diritto privato tra crisi
               economica ed «economia del debito»: dinamiche della giustizia e autonomia privata, in Riv. crit. dir. priv.,
               2017, p. 341 ss.
                  7  Come oltretutto acutamente rimarcato in diverso, ma collaterale, contesto: «occorre, dunque,
               tenere rigorosamente distinti gli atti che incidono direttamente sulla responsabilità, causandone una
               limitazione, dagli atti che incidono direttamente sul patrimonio e che perciò solo indirettamente
               hanno influenza sulla responsabilità. […] Solo alla prima ipotesi si applica l’art. 2740 c.c., con la
               conseguenza della nullità per illiceità degli atti che comportano direttamente una limitazione della
               responsabilità  del  soggetto.  Per  gli  atti che  incidono  direttamente  sul  patrimonio  trova,  invece,
               applicazione  soltanto  l’azione  revocatoria,  ove  ne  ricorrano  i  presupposti  e  le  condizioni»  [A.
               FALZEA, Introduzione e considerazioni generali, in M. BIANCA, A. DE DONATO, cur., Dal trust all’atto di
               destinazione patrimoniale. Il lungo cammino di un’idea, in Quad. fond. it. not., Milano, 2/2013, p. 23].
               Donde si evince a contrario che tanto la «dolosa preordinazione all’incapienza» (all’origine della c.d.
               «revocatoria risarcitoria» ex artt. 2043 e 2901, n. 2, c.c.; su cui, da ultimo, v. Cass., 19 marzo 2018,
               n.  6702,  in  expartecreditoris.it,  con  commento  di  M.  FILESI),  quanto  lo  speculare  «procurato
               indebitamento eccessivo» (all’origine dell’«abusiva concessione bancaria di credito» ex art. 1956 c.c.;
               su cui v., amplius, G. MINNITI, La concessione abusiva del credito: un’introduzione, in dirittodellacrisi.it,
               15  febbraio  2024)  rispondono  a  una  medesima  valutazione  di  «immeritevolezza»  del  debito
               contratto per violazione del parametro (intertemporale) di sostenibilità.

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