Page 16 - Federico Di Silvestre - Originalità e prova dell’esistenza del software ai fini Patent Box
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FEDERICO DI SILVESTRE
Possono quindi essere considerati originali i software completamente nuovi,
sviluppati ex novo partendo da zero. In questi casi, infatti, il software costituisce il
risultato unicamente dell’attività creativa del suo autore.
Inoltre, possono ottenere il requisito dell’originalità anche le rielaborazioni e
le evoluzioni di software già esistenti, purché siano formulate e organizzate in
maniera personale e autonoma dal proprio autore, anche se composte da idee e
nozioni semplici per un esperto del settore.
Per quanto riguarda, invece, i dubbi sul piano probatorio, il dato strettamente
letterale della disciplina applicabile sembrerebbe consentire al contribuente di
provare la titolarità e l’esistenza del software nell’anno fiscale di riferimento
solamente tramite il deposito del software in questione presso la SIAE. Un simile
approccio, tuttavia, risulta difficilmente condivisibile. In primo luogo, la
registrazione del software nei registri della SIAE, non ha valenza costitutiva del
diritto d’autore sul software, ma rappresenta solamente uno dei possibili mezzi
che consentono di dimostrare, fino a prova contraria, l’esistenza e la paternità
dell’opera in questione. Inoltre, è opportuno sottolineare che tale registrazione
non presuppone che il software registrato sia un’opera originale, in quanto la
SIAE non certifica l’originalità delle opere depositate presso la stessa. Non da
ultimo, imporre alle imprese desiderose di beneficiare del regime Patent Box
l’adozione tale procedura causerebbe alle stesse problematiche operative e
criticità legate alla sicurezza ed alla riservatezza dei propri dati.
A ben vedere, un’interpretazione maggiormente sistematica e teleologica della
normativa di riferimento dimostra che la prova dell’esistenza del software ai fini
Patent Box può essere fornita anche tramite strumenti alternativi, purché idonei a
garantire effetti probatori quanto meno equivalenti rispetto alla registrazione del
software presso la SIAE. Tra di essi, risalta la procedura di hashing correlata da
firma digitale con marca temporale qualificata. Tale strumento probatorio
consente di certificare l’unicità del software mediante la procedura di hashing,
mentre la data certa dell’esistenza del medesimo software viene provata mediante
l’apposizione della firma digitale corredata da marca temporale. Si può dunque
sostenere che, sul piano del diritto sostanziale, la procedura di hashing correlata
da firma digitale corredata da marca temporale costituisce uno strumento tramite
il quale è possibile provare la paternità e l’esistenza di un software in un dato
momento storico secondo standard probatori qualitativamente equivalenti, se
non addirittura migliorativi, rispetto al deposito del software presso la SIAE.
Inoltre, l’utilizzo della procedura di hashing correlata da firma digitale con
marca temporale qualificata risulta maggiormente coerente con il razionale che
ha spinto il legislatore ad emanare il regime Patent Box, ossia quello di promuovere
l’innovazione dell’ecosistema delle imprese italiane. Tale strumento probatorio,
infatti, se comparato con il deposito del software presso la SIAE, appare più in
linea con i moderni sistemi di sviluppo software e maggiormente in grado di
tutelare le imprese in materia di riservatezza e cyber security.