Page 13 - Klaus Bosselman - La sovranità statale e le forme di amministrazione fiduciaria dei beni di interesse comune
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IANUS n. 28-2023 ISSN 1974-9805
in senso tecnico, abbiamo perso di vista quale dovere lo Stato ha nei confronti di
coloro che governa. Nella sua forma più semplicistica, la legittimità dello Stato a
governare si basa sulla sua capacità di servire l’interesse comune. Benvenisti
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individua due basi normative in base alle quali dovremmo attribuire una funzione di
amministrazione fiduciaria agli Stati. In primo luogo, la sovranità dovrebbe essere
vista come un veicolo per l’esercizio dell’autodeterminazione personale e collettiva.
L’autodeterminazione collettiva incarna la libertà di un gruppo di perseguire i propri
interessi, promuovere il proprio status all’interno della politica e «disporre
liberamente delle [proprie] ricchezze e risorse naturali». Una concezione obsoleta di
sovranità, che equipara il collegio elettorale solo alle parti interessate, può minare la
capacità delle comunità di esercitare il proprio diritto all’autodeterminazione.
In secondo luogo, Benvenisti fa riferimento a una concezione degli stati sovrani
come “agenti” dell’umanità nel suo insieme. L’autore fonda questa concezione in gran
parte sull’eguale valore morale di tutti gli esseri umani e sul fatto che
corrispondentemente il diritto internazionale si basa sui diritti umani. Per Benvenisti è
l’umanità in generale ad assegnare a determinati gruppi di cittadini il potere di formare
governi nazionali. Di conseguenza, gli Stati possono e devono essere visti come agenti
di un sistema globale che attribuisce competenze e responsabilità per la promozione dei
diritti di tutti gli esseri umani e il loro interesse per l’utilizzo sostenibile delle risorse
globali. In quanto tale, il corollario dell’autorità degli Stati nella gestione degli affari
pubblici all’interno delle loro giurisdizioni nazionali è l’obbligo di tenere conto degli
interessi esterni e di bilanciare gli interessi interni con quelli esterni.
Allo stesso modo, potremmo dire che il privilegio della sovranità territoriale può
essere legittimato solo nella misura in cui gli interessi universali dell’umanità nel suo
insieme non vengono gravemente colpiti. Questa argomentazione si basa non solo su
elementi naturali che superano i confini degli Stati nazionali, ma anche
sull’osservazione che i confini degli Stati non coincidono necessariamente con i
confini delle nazionalità, o, più in generale, con i confini dei gruppi i cui membri
condividono un interesse distinto o una comune concezione del bene.
Anche Benvenisti fa riferimento alla sovranità come al potere di escludere
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porzioni di risorse globali. Egli osserva che sia la proprietà che la sovranità sono
rivendicazioni di porzioni della natura per accaparrarsi spazi ad uso esclusivo. Tale
percezione degli Stati come proprietari e detentori di potere fornisce una solida base
normativa per l’imposizione di un obbligo positivo agli Stati di tenere conto di
considerazioni altruistiche nella gestione delle risorse loro assegnate. La teoria del
diritto di proprietà può quindi fornirci un quadro entro il quale possiamo tradurre
queste motivazioni morali in obblighi legali. Pertanto, possiamo e dobbiamo
concepire la proprietà delle risorse globali come derivante da una decisione collettiva
a livello globale, piuttosto che come un diritto degli stati sovrani.
31 BENVENISTI, Sovereigns as trustees of humanity: On the accountability of states to foreign stakeholders,
op. cit., 301-309
32 BENVENISTI, Sovereigns as trustees of humanity: On the accountability of states to foreign stakeholders,
op. cit.
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