Page 14 - Alessia Fachechi - Fideiussione omnibus e ordine pubblico
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ALESSIA FACHECHI





               complessivo regolamento di interessi fra le parti. Così, quanto più la garanzia è
               forte, tanto migliori saranno le condizioni praticate al debitore principale.
                  È possibile che la banca, nell’impossibilità di imporre il modello ABI e, quindi,
               di scaricare sul fideiussore i rischi dell’operazione per mezzo delle clausole in
               discorso, non avrebbe, verosimilmente, concluso né il contratto di garanzia, né,
               soprattutto, il contratto di finanziamento a esso collegato. O lo avrebbe concluso
               a condizioni peggiori per il cliente.
                  Per questa via, le clausole diventano essenziali e la teoria della nullità parziale
               ex art. 1419 c.c. non regge più.
                  Ma si potrebbe ragionare anche diversamente.
                  La garanzia non va considerata, si diceva, come mera replica delle condizioni
               generali o atto esecutivo di uno schema per parte nullo, e quindi non è capace di
               generare di per sé effetti anticoncorrenziali; occorre invece valorizzare il ruolo che
               svolge a supporto dell’operazione economica complessiva.
                  L’impiego di clausole rafforzative della posizione creditoria è sì  correlato al
               contenimento del rischio legato al rapporto di finanziamento, ma risponde di solito
               anche a un interesse dell’impresa finanziata, che, in mancanza di garanzia, avrebbe
               forse applicato condizioni di credito meno favorevole (se non altro in punto di
               interesse).  In  questa  prospettiva,  non  sarebbe  utile  la  mera  mutilazione  del
               contratto,  ma  neppure  risponderebbe  agli  interessi  delle  parti  la  nullità  totale.
               Peraltro, non sono infondate le preoccupazioni per gli effetti sistemici della scelta
               rimediale.
                  La garanzia dell’effetto solutorio definitivo, e l’esclusione di ogni ipotesi di
               arricchimento  ingiustificato  realizzabile  dal  debitore  potrebbero  rendere  la
               garanzia legittima ed escludere ogni contrasto con i principi fondamentali.
                  La normativa antitrust persegue principalmente interessi di natura pubblicistica,
               come sostengono le Sezioni unite, ma gli interessi di cui sono portatrici le parti non
               sono irrilevanti e meritano considerazione nell’individuazione del giusto rimedio.
                  Detto  altrimenti,  la  soluzione,  in  prospettiva  rimediale,  non  può  essere
               univoca per qualsivoglia strategia attuativa degli accordi di cartello.
                  Si pensi al caso in cui l’intesa vietata imponga un  overcharge. Qui la tutela
               risarcitoria  -  calibrata  sulla  differenza  tra  il  prezzo  pagato  e  quello  che,
               plausibilmente, sarebbe stato determinato in una condizione di libero mercato -
               potrebbe risultare rimedio adeguato e congruo, perché utile a portare equilibrio
               tra  le  posizioni  contrattuali  e  a  realizzare  un  effetto  deterrente  sugli  autori
               dell’intesa  anticoncorrenziale.  Senza  ricorrere  al  rimedio  dell’invalidità,  che
               rende precarie le relazioni di mercato.
                  In definitiva, il disegno anticoncorrenziale può assumere contorni differenti e
               molto  diverse  possono  essere  anche  le  modalità  di  attuazione  dello  stesso.  Per
               questo, nel valutare il rimedio esperibile dal  soggetto leso dall’illecito antitrust,
               occorre dare valore alle peculiarità della singola vicenda e agli interessi in gioco,
               rifuggendo dalle astrazioni e dai dogmatismi che fanno da sfondo al dibattito ormai
               da decenni.



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