Page 7 - Antonio Valitutti - La nullità della fideiussione a valle di intese violative della normativa antitrust. La decisione delle Sezioni Unite
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IANUS n. 26-2022 ISSN 1974-9805
controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere
indirizzata e coordinata a fini sociali». In forza della previsione costituzionale,
pertanto, la «concorrenza» tra imprese si connota come una situazione di mercato
che postula una grande libertà di accesso all’attività economica da parte degli
imprenditori, ma altresì una altrettanto ampia possibilità di libera scelta per gli
acquirenti e, in generale, la possibilità per ciascuno di cogliere le migliori opportunità
disponibili sul mercato, o proporre nuove opportunità, senza imposizioni da parte
dello Stato o vincoli predeterminati da coalizioni d’imprese. Di qui l’introduzione, in
pressoché tutti i Paesi occidentali, della disciplina antitrust, che regola i rapporti tra
imprenditori e consente un corretto svolgimento dei rapporti concorrenziali.
Al bilanciamento tra le giustapposte esigenze di garanzia della libera esplicazione
della iniziativa economica privata e della tutela dei consumatori – quali soggetti del
mercato al pari degli imprenditori – ha provveduto, quindi, in Italia, la l. antitrust n.
287 del 10 ottobre 1990, il cui art. 2 considera – come si è visto – vietate le intese tra
imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare – in
qualsiasi forma e in maniera sostanziale – il gioco della concorrenza all’interno del
mercato nazionale o in una sua parte rilevante. La medesima norma – come dianzi
detto – al c. 3 stabilisce che «le intese vietate sono nulle ad ogni effetto».
L'art. 1418 c.c. (rubricato «cause di nullità del contratto») prevede – sul piano
generale – che «Il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, salvo
che la legge disponga diversamente (c. 1)». «Producono nullità del contratto la
mancanza di uno dei requisiti indicati dall'articolo 1325, l'illiceità della causa [art.
1343 c.c.], la illiceità dei motivi nel caso indicato dall'articolo 1345 c.c. e la
mancanza nell'oggetto dei requisiti stabiliti dall'articolo 1346 (c. 2)». «Il contratto
è altresì nullo negli altri casi stabiliti dalla legge (c. 3)».
L'art. 1419 c.c. (rubricato «nullità parziale») afferma, inoltre, che «La nullità parziale
di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se
risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto
che è colpita dalla nullità (c. 1)». «La nullità di singole clausole non importa la nullità del
contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative (c. 2)».
Sul piano della normativa europea, viene, poi, in considerazione l’art. 101 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (originario art. 81 del Trattato CE e,
ancor prima, art. 85 del Trattato di Roma) che – in applicazione dell’art. 3, secondo cui
«L’Unione ha competenza esclusiva nei seguenti settori: […] b) definizione delle regole
di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno; […]» – dispone: «1.
Sono incompatibili con il mercato interno e vietati tutti gli accordi tra imprese, tutte le
decisioni di associazioni di imprese e tutte le pratiche concordate che possano
pregiudicare il commercio tra Stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di
impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza all'interno del mercato interno
ed in particolare quelli consistenti nel: a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi
d'acquisto o di vendita ovvero altre condizioni di transazione; […]. 2. «Gli accordi o
decisioni, vietati in virtù del presente articolo, sono nulli di pieno diritto».
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