Page 8 - Antonio Valitutti - La nullità della fideiussione a valle di intese violative della normativa antitrust. La decisione delle Sezioni Unite
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ANTONIO VALITUTTI





               4. La tutela del privato nel formante giurisprudenziale

                  Tale essendo il quadro normativo – interno ed europeo – di riferimento, va,
               tuttavia,  osservato  che  il  formante  giurisprudenziale  in  materia  è  quanto  mai
               variegato ed articolato, e non offre soluzioni univoche.
                  Una  prima  decisione  sul  tema  ha,  nondimeno,  effettuato  talune  importanti
               precisazioni,  sulle  quali  dovrà  ritornarsi  in  prosieguo.  Si  è,  per  vero,  anzitutto
               rilevato che una intesa che consenta ad uno dei suoi autori di appropriarsi dei
               momenti  decisionali  che  provvedono  alla  strategia  ed  anche  all'ordinaria
               conduzione di altra impresa concorrente è suscettibile di essere assunta nella griglia
               delle proibizioni di cui all'art. 2 della l. 10 ottobre 1990, n. 287. Il «mercato» – infatti
               –,  concepito  quale  luogo  della  libertà  di  iniziativa  economica,  presuppone
               l'esistenza di soggetti economici realmente tali, ovvero in grado di esercitare i diritti
               di libertà in questione. Deve perciò trattarsi di soggetti effettivamente responsabili
               delle  scelte  di  impresa  ad  essi  formalmente  imputabili,  giacché  la  nozione  di
               "mercato  libero"  presuppone  che  il  gioco  della  concorrenza  –  per  adoperare
               l'espressione della legge – venga attuato da soggetti in grado di autodeterminarsi. Si
               è, dipoi, affermato che l'art. 2 della l. n. 287 del 1990 (cosiddetta legge «antitrust»),
               allorché dispone che siano nulle ad ogni effetto le «intese» fra imprese che abbiano
               ad oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in modo consistente il
               gioco  della  concorrenza  all'interno  del  mercato  nazionale  o  in  una  sua  parte
               rilevante,  non  ha  voluto  riferirsi  solo  alle  «intese»  in  quanto  contratti  in  senso
               tecnico, ovvero negozi giuridici consistenti in manifestazioni di volontà tendenti a
               realizzare una funzione specifica attraverso un particolare «voluto». Il legislatore –
               infatti – con la suddetta disposizione normativa ha inteso, in realtà ed in senso più
               ampio,  proibire  «il  fatto  della  distorsione  della  concorrenza»,  in  quanto  si  renda
               conseguenza di un perseguito obiettivo di coordinare, verso un comune interesse,
               le  attività  economiche.  Tale  distorsione  ben  può  essere  il  frutto  anche  di
               comportamenti  «non  contrattuali»  o  «non  negoziali».  Si  rende  –  così  –  rilevante
               qualsiasi tipo di condotta di mercato (anche realizzantesi in forme che escludono
               una  caratterizzazione  negoziale),  purché  con  la  consapevole  partecipazione  di
               almeno due imprese, nonché anche le fattispecie in cui il meccanismo di «intesa»
               rappresenti il risultato del ricorso a schemi giuridici [n.d.r. come nel caso oggetto del
               giudizio in questione] meramente «unilaterali».
                  Si è, quindi, soggiunto che l'art. 2 della l. n. 287 del 1990 non stabilisce che solo le
               «intese» cosiddette «verticali» possano dare luogo a distorsioni della concorrenza, né
               può sostenersi che una «intesa orizzontale non possa dare luogo a comportamento
               sanzionabile ai sensi della suddetta disposizione se non si traduca altresì nell'abuso di
               cosiddetta «posizione dominante», previsto dal successivo art. 3. Ciò che infatti rileva
               è che tutti i comportamenti, ancorché si traducano in liberi accordi tra soggetti che
               operano  allo  stesso  livello  di  mercato,  se  incidono  sulla  libertà  economica  delle
               imprese del settore, danno luogo ad un cartello. Da ciò consegue che il profilo per cui
               un accordo tra imprese non abbia presupposto meccanismi di coercizione e non
               comporti effetti vincolanti nel senso comunemente attribuito ai contratti intesi quali

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