Page 5 - Mario Libertini - Competere e cooperare per generare valore nell’economia degli “intangibili”. A proposito delle teorie sul capitalismo di Haskel e Westlake
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IANUS n. 27-2023                       ISSN 1974-9805





               perché fondata sul postulato (fideistico) che una crescita economica illimitata sarà
               in grado di migliorare sine die le condizioni di vita di tutta l’umanità.
                  Accade  così  che,  non  mettendo  seriamente  in  dubbio  questo  presupposto
               ideologico, gli Aa. non solo mostrano di confidare ancora nell’idea di sviluppo
               illimitato, ma propongono anche – accanto a molte idee interessanti e, spesso,
               originali  –  riforme  francamente  sconcertanti,  come  quella  favorevole
               all’eliminazione dei vincoli urbanistici all’edificabilità dei suoli e all’affidamento
               della  disciplina  dell’urbanizzazione  a  strumenti  privatistici,  cioè  accordi  fra
               proprietari di suoli.
                  Sul piano propositivo, comunque, degno di nota è il fatto che il tema centrale,
               su cui gli Aa. soprattutto insistono, è quello della necessità di ammodernamento
               delle  “istituzioni”  (intendendo  per  institutions  tutti  gli  strumenti  giuridici,  sia
               pubblicistici che privatistici). Tema su cui gli Aa., pur non abbandonando il loro
               ottimismo  di  fondo,  riconoscono,  in  modo  allarmato,  che  il  cammino
               dell’ammodernamento necessario non sembra, a tutt’oggi, neanche avviato.


               2. Economia degli intangibles e concorrenza

                  Fra gli altri temi, il lavoro di HASKEL e WESTLAKE mette a fuoco, come già
               anticipato,  una  specifica  disfunzione  nel  funzionamento  dei  mercati  e  della
               concorrenza,  dovuta  all’affermarsi  dell’economia  degli  intangibles.  Questa
               disfunzione  viene  colta  nel  formarsi  di  grandi  diseguaglianze  economiche,
               soprattutto  fra  imprese  giganti  che  acquisiscono  profitti  enormi  mediante  le
               sinergie favorite dal controllo di beni immateriali e la debolezza della pressione
               concorrenziale  delle  imprese  meno  avanzate  nei  confronti  di  queste  grandi
               imprese.
                  Gli Aa. tendono, invero, a ridimensionare certe visioni catastrofiche circa la
               monopolizzazione dei mercati, che hanno dato spinta al movimento di idee new
               Brandeisian in materia di antitrust. Notano, per esempio, che la globalizzazione dei
               mercati ha sì prodotto concentrazione a livello globale, ma ha anche portato ad
               una maggiore diffusione dell’offerta delle grandi imprese, in virtù delle economie
               di scala, a livello locale (gli Aa. segnalano però anche l’insorgere di problemi
               nuovi, come quelli derivanti dalla profilazione dei consumatori e dall’affermarsi
               di politiche di discriminazione di prezzo che un tempo erano impensabili).
                  Gli Aa., comunque, non mostrano nostalgia verso una concezione strutturale
               della concorrenza, e riconoscono, giustamente, che questa può essere dinamica e
               vivace anche in mercati concentrati; riconoscono anche, tuttavia, che l’economia
               “immateriale” accentua la distanza fra imprese vincenti, in grado di sfruttare a
               fondo sia le economie di scala sia le sinergie che derivano dal controllo di beni
               immateriali e imprese più tradizionali, incapaci di reggere il ritmo dello sviluppo
               delle imprese giganti dell’economia digitale.




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