Page 19 - Maria Elena Salerno - Sostenibilità e innovazione: come la regolamentazione sulla finanza sostenibile può supportare la crescita dell'economia contemporanea
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MARIA ELENA SALERNO





               dalla  Commissione  Europea.  Ma  ciò  rientrerà  comunque  nell’autonomia  del
               gestore.  Ed  è  per  tale  ragione  che  siamo  dell’avviso  che,  per  promuovere
               l’investimento  in  attività  intangibili  a  rilevanza  ambientale  e  sociale,  sia
               necessaria una riforma normativa in grado di incidere anche sulle strategie di
               investimento  degli  investitori  istituzionali  richiedendo  che,  ai  fini  della
               qualificazione di un OICR come ESG, o meglio come sostenibile dal punto di
               vista ambientale e sociale, si rispettino strategie di investimento che rispondano a
               criteri di sostenibilità in positivo e non solo e non tanto, come accade ora, che
               considerino i rischi di sostenibilità per l’investimento ovvero gli effetti negativi
               delle decisioni di investimento sui fattori di sostenibilità.
                  Infine, in riferimento al monitoraggio ex post sull’effettivo utilizzo delle risorse
               finanziarie erogate per la realizzazione dei progetti innovativi, il problema si pone
               non tanto per i finanziamenti sul mercato dei capitali che implicano di norma la
               partecipazione  attiva  o  proattiva  dei  fondi  (istituzionali,  venture  capital,  private
               equity) alla gestione dell’impresa quanto per quei finanziamenti che prevedono
               l’intervento  pubblico,  nelle  forme  del  prestito,  delle  agevolazioni  e  della
               prestazione di garanzie. Per aumentare l’efficacia del controllo, oggi effettuato
               sulla carta sulla base dei dati e delle informazioni contenute nelle rendicontazioni
               fornite  dalle  imprese  in  merito  alle  diverse  fasi  di  realizzazione  del  progetto
               finanziato, si potrebbe pensare all’affidamento a soggetti esterni alle imprese di
               funzioni  di  coordinamento  e  di  controllo  del  capitale  finanziario  e  umano
               destinato alla concretizzazione dell’idea. D’altro canto, ciò sarebbe compatibile
               con  le  caratteristiche  delle  filiere  produttive  dei  nostri  tempi,  sempre  più
               frammentate  e  decentralizzate  anche  a  livello  globale.  La  crescente
               esternalizzazione dei servizi da parte delle grandi imprese concerne in gran parte
               attività intangibili: ricerca e sviluppo, comunicazione, logistica, marketing ecc. Ed
               è in tale contesto che lo Stato potrebbe rivestire un ruolo fondamentale nel creare
               le condizioni affinché questi nuovi modelli di innovazione decentrata e aperta
               funzionino senza distorsioni e in modo efficiente. Lo Stato dovrebbe intervenire
               formando  il  capitale  umano  di  eccellenza  nei  settori  chiave  dell’innovazione,
               aiutando le piccole e medie imprese ad inserirsi nelle filiere, assorbendone il know-
               how (tramite contratti di rete), promuovendo partnership tra imprese a monte e a
               valle  delle  filiere,  ammodernando  le  infrastrutture  materiali  e  immateriali
               (scientifiche e tecnologiche) in cui le filiere produttive operano. Un programma
               politico contenente queste proposte per l’innovazione sarebbe forse, rispetto al
               modello di Stato imprenditore (interventista) sostenuto dalla MAZZUCATO, non
               solo più fattibile ma anche più consono  a fronteggiare le sfide tecnologiche e
               produttive dell’economia contemporanea.










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