Page 81 - IANUS Diritto e finanza - Rivista semestrale di studi giuridici - N. 29 - giugno 2024 - Il diritto alla sostenibilità: strumenti giuridici della transizione ecologica
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IANUS n. 29-2024 ISSN 1974-9805
5. Incidenze «ambientali» nella fase attuativa
Invero, in ragione della tipica funzione di «intermediario», la banca è soggetto
certamente capace di recepire le istanze provenienti dal mondo del risparmio e
delle parti, in generale, “portatrici di interessi” (c.dd. stakeholders) nei “conflitti”
ambientali, per indirizzarle verso il circuito imprenditoriale .
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Molteplici si appalesano, non a caso, le (nuove) modalità tramite le quali gli
istituti bancari possono “condizionare” l’ambiente: come «investitori» (scil.,
sostenendo in via preferenziale investimenti ad alta finalità ambientale), come
«finanziatori» (scil., elaborando prodotti innovativi, in grado di incentivare lo
sviluppo sostenibile), come «valutatori» (scil., stimando rischi e opportunità
ambientali proprio nell’ambito dell’operazione in discorso) .
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Il recente ingresso di considerazioni “ambientali” nelle prassi creditizie
sembra, del resto, in linea con quanto previsto dagli accordi internazionali,
sottoscritti in varie tappe a Basilea, che si propongono – come meglio si vedrà –
di elevare la solidità del sistema interbancario, convogliandolo verso migliori
tecniche di misurazione e controllo dei rischi .
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Ne segue che, dall’analisi di taluni parametri environmental compliance, rilevanti
per una gestione ottimale, emerge come la banca sia tenuta a introdurre la c.d.
variabile ambientale per ridurre i propri “impatti”, soprattutto, nella concessione di
finanziamenti, nello sviluppo di nuovi prodotti finanziari allo scopo di incentivare
investimenti in «tecnologie» a basso impatto ambientale, nonché ad adottare
sistemi di gestione ambientale, favorendo la condivisione di una coerente policy
con ciascun operatore economico cliente, e assistendo i risparmiatori verso “scelte
di portafoglio” quali, ad es., i c.dd. “Fondi verdi” (oggi quotati sul mercato
statunitense tramite DJSI – Dow Jones Sustainability Indices) .
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È, del resto, agevole comprendere quali siano le ripercussioni connesse alla
(gestione interbancaria della) “variabile ambientale”, poiché i costi dovuti alle
24 Su cui, v. M. BAGELLA e F. BUSATO, Defining Green Finance and Green Intermediaries, in
Bancaria, 2011, pp. 14-16. Com’è noto, dai primi anni Novanta del secolo scorso si è
progressivamente diffusa la figura della c.d. «banca etica», che tra gli specifici “campi d’elezione” si
prefigge proprio il miglioramento dell’ambiente: sul superamento dell’interpretazione
esclusivamente “utilitaristica” ascrivibile alla rilevanza (teorica) del «mercato del credito», v. amplius
F. CAPRIGLIONE, Cooperazione di credito e finanza etica, in Banca borsa tit. cred., 1997, I, p. 21; nonché
L. VIGANÒ, La banca etica, Roma, 2001, passim.
25 In generale, cfr. A. LOLLI, L’amministrazione attraverso strumenti economici. Nuove forme di
coordinamento degli interessi pubblici e privati, Bologna, 2008, p. 25 s.; nello specifico, qui in rilievo, cfr.
G. MASTRODONATO, Gli strumenti privatistici nella tutela amministrativa dell’ambiente, in Riv. giur. amb.,
2010, p. 707 ss., spec. § 4.
26 Cfr. C. CATTANEO, M. MODINA, Basilea 2 e PMI. Impatti sulla gestione e sulla relazione banca-
impresa, Milano, 2006. V. anche, infra, § 9 e nota 48.
27 Per l’esperienza nazionale, cfr. D. VANDONE, Il mercato italiano dei fondi di investimento
socialmente responsabili, in Banca impr. soc., 2004, pp. 147-175; vi sono tornati, R. ADAMO, D.
FEDERICO, A. NOTTE, Ecological finance and ethic/environmental mutual funds, in Bancaria, 2011, pp.
81-95.
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