Page 13 - Ugo Pagano - Privatizzazione della conoscenza e creazione d’intangibili
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IANUS n. 27-2023                       ISSN 1974-9805





               mondo, ha corrisposto quindi una decrescita della ricchezza globale disponibile a
               tutti.    L’aumento  di  ricchezza  finanziaria  ha  avuto  come  corrispettivo  una
               diminuzione della ricchezza globale che purtroppo non viene contabilizzato.
                  Infine,  il  rafforzamento  dei  diritti  di  proprietà  intellettuale  ha  avuto  sulla
               crescita  le  conseguenze  che  ci  si  poteva  aspettare  da  questa  forte
               monopolizzazione  dell’economia  globale.  Inizialmente  ha  prevalso  l’effetto
               incentivante sugli investimenti innovativi dovuto al fatto che il rafforzamento e
               l’estensione  globale  della  proprietà  intellettuale  permetteva  rendite
               monopolistiche più elevate per questi investimenti. Successivamente ha prevalso
               l’effetto bloccante di questa monopolizzazione che chiude un numero crescente
               di opportunità per gli investimenti innovativi. Al  boom degli anni ’90 ha fatto
               seguito la successiva stagnazione degli investimenti del nuovo secolo . La stessa
                                                                               20
               crisi finanziaria del 2007-8, che è stata spesso attribuita a una indigestione di
               risparmi,  ha  piuttosto  visto  un  tasso  di  risparmio  costante  e  una  carestia  di
               occasioni di investimenti innovativi dovuti alla monopolizzazione dell’economia.
                  Le istituzioni internazionali hanno favorito un atteggiamento opportunistico
               degli  Stati  che  ha  acutizzato  il  ristagno  della  economia.  L’economia  è  stata
               sempre più trainata da investimenti militari con forti ricadute commerciali per le
               imprese che ad esse partecipano che si assicurano i relativi diritti di proprietà
               intellettuale quando le innovazioni non costituiscano un segreto militare. Ogni
               Stato si è trovato inserito in un contesto in cui mentre non vi era nessun ente
               sovranazionale che garantisse la produzione di conoscenza come parte integrante
               di un bene pubblico globale, i diritti di proprietà privata intellettuale acquisiti dalle
               imprese di ogni paese valevano a livello globale. In questo contesto ogni Stato
               nazionale si è comportato in modo opportunistico da free-rider cercando di fornire
               solo conoscenza privatizzata e di utilizzare la conoscenza di pubblico dominio
               prodotta dagli altri Stati. Le istituzioni internazionali hanno quindi favorito un
               gigantesco  sotto  investimento  in  scienza  aperta  disponibile  a  tutti,  un  forte
               restringimento  dei  mercati  concorrenziali  e  una  forte  monopolizzazione
               dell’economia che ha portato a una stagnazione dell’economia ormai definita
               come secolare da un certo numero di importanti economisti.
                  Questa situazione rende urgente una riforma del WTO che, nato per favorire
               un  commercio  internazionale  equo  ed  efficiente,  ha  di  fatto  promosso  una
               concorrenza sleale fra i diversi paesi in cui ognuno cerca di sfruttare le conoscenze
               non-privatizzate  degli  altri.  La  riforma  dovrebbe  imporre  a  ogni  membro  del
               WTO d’investire una percentuale minima del suo PIL (circa il tre per cento) in
               scienza aperta disponibile a tutti come bene pubblico globale comune. Occorre
               inoltre  declassare,  usando  una  terminologia  meno  ideologica,  a  privilegi


                  20  Questo punto è trattato in PAGANO - ROSSI, The Crash of the Knowledge Economy, in 33 Camb.
               J. Econ., 2009, 665 ss. Da notare che spiegazioni come quella di HASKEL - WESTLAKE (cfr. supra, nt.
               1), che vedono nella crescita degli intangibili un fenomeno puramente tecnologico, non riescono a
               spiegare il boom degli anni ’90.


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