Page 10 - Federico Picco - La (difficile) quotazione in borsa delle imprese intangibili. Criticità e impatti sui mercati dei capitali
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FEDERICO PICCO





                  Diversi  commentatori,  sia  accademici  che  istituzionali,  tuttavia,  si
               domandano  se  lo  sviluppo  dei  private  markets  non  abbia  un  carattere  più
               strutturale, ed in particolare se non possa essere messo in relazione con il descritto
               “declino” dei public markets. Secondo questa lettura, i private markets sarebbero
               prosperati  nell’ultimo  decennio  proprio  come  risposta  all’eccessiva  onerosità,
               finanziaria ma soprattutto di compliance, delle borse, offrendo alle imprese una
               fonte di finanziamento più accessibile e facilmente gestibile. Il nesso tra private
               equity  e  borsa,  da  sempre  studiato  attraverso  le  lenti  della  complementarità  e
               sequenzialità (si veda, ad esempio, il modello del funding escaltator riportato in
               precedenza), si starebbe quindi evolvendo secondo una dimensione tipicamente
               concorrenziale, sia in ingresso che in uscita dai mercati pubblici.
                  Da un lato, infatti, i fondi di private equity non si limiterebbero a sostenere la
               maturazione  aziendale  fino  all’approdo  in  borsa,  ma  sempre  più  spesso  si
               offrirebbero  come  alternativa  alla  quotazione  stessa,  promettendo  più  rapidi
               tempi di raccolta/cessione del capitale e valutazioni, se non più generose, almeno
               meno  volatili.  Dall’altro,  gli  stessi  fondi  finanzierebbero  sempre  più  spesso  le
               operazioni di delisting, investendo in società “pubbliche” per riportarle “private”.
               Pur  in  assenza  di  attendibili  evidenze  empiriche  a  supporto,  anche  una  mera
               osservazione delle frequenti IPO cancellate per via di una operazione di buyout, e
               soprattutto le sempre più frequenti Opa da delisting promosse da fondi di private
               equity sembrano supportare la tesi.


               3. Conclusioni

                  Nel primo paragrafo si è sottolineato come la quotazione in borsa non sembri
               rappresentare  la  scelta  ottimale  per  il  finanziamento  dello  sviluppo  di  lungo
               termine di imprese caratterizzate da una prevalenza di asset intangibili. Per esse,
               la pur necessaria raccolta di capitale di rischio dovrebbe preferibilmente passare
               per un  equity financing di tipo privato (venture capital e private equity), ossia per
               investitori istituzionali dotati delle competenze necessarie a valorizzare i beni
               immateriali della società e capaci di tutelarne i diritti di proprietà intellettuale.
                  Sviluppare  mercati  per  le  PMI,  disegnare  normative  che  favoriscano
               l’orientamento  al  lungo  termine  degli  investitori,  sostenere  il  processo  di
               “istituzionalizzazione”  degli  investimenti  in  corso,  ampliare  gli  obblighi  di
               disclosure sugli asset intangibili e raffinare i relativi standard contabili sono le azioni
               di policy che potrebbero favorire la quotazione in borsa di imprese innovative o,
               semplicemente,  “moderne”  nel  senso  di  maggiormente  imperniate  su  risorse
               immateriali.
                  In particolare, un recente studio di due ricercatrici italiane sull’informativa in
               sede di IPO dimostra gli effetti benefici (in termini di maggior domanda di titoli)
               di una disclosure in materia di intangibles dettagliata e personalizzata a seconda
               degli  investitori  target  (investitori  istituzionali,  maggiormente  interessati  agli


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