Page 12 - Mariano Robles - Alla (ri)scoperta di un (inedito) evergreen: CSDDD, finanza strutturata "sostenibile" e diritti "secondi"
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MARIANO ROBLES





               catastrofi naturali, determinate da fattori ambientali, e lo sfruttamento intensivo
               delle  risorse  rappresentano  altrettante  «diseconomie»  incidenti  sul  sistema
               produttivo: in tale prospettiva, lo sviluppo sostenibile si eleva a rango di componente
               imprescindibile di adeguatezza gestionale scrutinabile ex art. 1176, comma 2, c.c.
               sulla  base  dei  riferiti  criteri,  potendo  altresí  adombrare  comportamenti
               «anticoncorrenziali»  ex  art.  2598,  n.  3,  c.c.  (sotto  forma  di  c.d.  dumping),  ad
               indebito vantaggio di quanti se ne sottraggano.
                  In  definitiva,  nella  misura  in  cui  l’ambiente  appare  sempre  più  elemento  di
               selezione nel mercato, le imprese che riescono ad interpretarlo come opportunità di
               rilievo economico hanno maggiori chances di successo, in qualità di partners più
               affidabili  e  finanziariamente  profittevoli.  In  tale  prospettiva,  ossia  quella  di
               «influenzare  il  mercato  inducendolo  a  lavorare  per  l’ambiente»,  il  sesto
               programma  d’azione  comunitaria  prevede,  non  a  caso,  l’utilizzo  di  strumenti
               “non normativi”, che «orientano i mercati e la domanda dei consumatori verso
               prodotti e servizi ecologicamente superiori, garantendo che, per quanto possibile,
                                                                    28
               il prezzo dei prodotti incorpori il reale costo ambientale» .
                  E tuttavia, il rischio ambientale cui gli operatori economici vanno incontro risulta
               difficilmente valutabile, da parte delle banche, con il ricorso ai tradizionali parametri;
               dunque, la diffusione di strumenti di certificazione ambientale − secondo gli standard
               internazionali  UNI  EN  ISO  14000  o  secondo  il  regolamento  EMAS   −
                                                                                      29
               consentirebbe di stemperarne la portata in relazione alle singole aziende richiedenti
               supporto finanziario, con contestuale vantaggio in termini di celerità e trasparenza.
               Si va, dunque, affermando l’opinione per cui, in generale, il settore creditizio
               veicola (risultando «responsabile» di) un notevole impatto ambientale (sia pure)
               “indiretto”, poiché determina quali imprese e attività abbiano accesso al capitale
               e  a  quali  condizioni.  Non  mancano,  pertanto,  proposte  secondo  le  quali  le
               decisioni  di  finanziamento  ai  fini  dell’erogazione  debbano  incorporare
               necessariamente  anche  il  rischio  ambientale  e  si  debba  considerare  la  c.d.
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               environmental due diligence  – come si vedrà – quale criterio orientatore nelle scelte
               attinenti alla stessa valutazione della clientela.


                  28  Cosí, M.R. SPASIANO, I soggetti della politica ambientale in Italia, in D. DE CAROLIS, E. FERRARI,
               A. POLICE (a cura di), Ambiente, attività amministrativa e codificazione, Milano, 2006, p. 174. Di tal
               guisa, strumenti come «EMAS» e «Ecolabel» divengono preziosi indicatori, in grado di suscitare
               negli operatori economici un interesse alla qualità dell’ambiente.
                  29   L.  ANDRIOLA,  G.  INGRISANO,  G.  SAMPOGNARO,  Banche,  ambiente  e  sviluppo  sostenibile.
               L’adesione degli istituti finanziari al regolamento EMAS, Roma, 2001 (disponibile in osti.gov).
                  30   Ad  essa  correlati  emergono  profili  di  liability  risk,  inteso  quale  rischio  di  responsabilità
               patrimoniale  a  seguito  della  perdita  di  valore  di  partecipazioni  in  imprese  not  environmental
               compliance, nonché il c.d. rating «ambientale», ossia la valutazione dei rischi che l’impresa sopporta
               a causa di fattori ambientali che interagiscono con la sua attività. In questa nuova prospettiva,
               vengono in considerazione altri fattori come la valutazione dell’inquinamento prodotto (ove sia tale
               da  inficiare  l’esatto  adempimento  prestazionale),  nonché  la  “sensibilità  ambientale”  degli
               stakeholders,  che  potrebbe  provocare  danni  di  immagine  (all’impresa  e  di  riflesso)  alla  banca
               dell’impresa inquinante. V. anche, infra, § 11 e nota 58.

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