Page 17 - Mariano Robles - Alla (ri)scoperta di un (inedito) evergreen: CSDDD, finanza strutturata "sostenibile" e diritti "secondi"
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IANUS n. 29-2024                       ISSN 1974-9805





                  Nell’individuare  le  pratiche  ‘eco-sostenibili’  corrette,  la  nuova  Direttiva
               richiama i princìpi-guida relativi al rapporto tra imprese e diritti umani noti come
               United Nation Guiding Principles (UNGPs), quale parte integrante della CSDDD,
               evocando i tre punti cardine: a) il doveroso impegno degli Stati nella protezione
               dei diritti umani; b) la responsabilità (anche) delle imprese per il loro rispetto; c)
               la necessità di garantire l’accesso a strumenti di ricorso per coloro che risentono
               di abusi connessi alle attività di quest’ultime; rispecchiandosi così le tre direttrici
               lungo cui si articola la nuova Direttiva: 1) l’obbligatorietà; 2) il reporting; nonché
               3) la comunicazione delle informazioni sulla sostenibilità.
                  Anzitutto, si prevede la predisposizione di un’apposita politica di due diligence
               accompagnata da un piano operativo di prevenzione per assicurare che il business
               model e la strategia d’impresa prevedano obiettivi science-based compatibili con la
               transizione  verso  un’economia  sostenibile,  coerente  con  la  programmata
               riduzione del riscaldamento globale. In questi termini, gli «usi» negoziali veicolati
               dall’art.  1340  c.c.  sembrano  non  soltanto  acquisire  una  rinnovata  dimensione
               ‘imperativa’ per via di eterointegrazione secondo la sequenza prestabilita dall’art.
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               1374  c.c. ,  bensì  anche  ridefinirne  la  portata  interpretativa,  da  un  lato,
               precludendo la (altrimenti ammessa) prova contraria circa la relativa operatività,
                                                                                 43
               d’altro lato, uniformando le possibili ‘ambiguità’ (non solo territoriali) , di cui è
               segno l’art. 1368 c.c., ove l’evocata supply chain risulti dislocata.
                  Si  impone,  inoltre,  alle  imprese  di  supportare  i  soggetti  ‘vittima’  delle
               operazioni  aziendali,  ivi  inclusi  gli  «attivisti»  per  i  diritti  umani  e  l’ambiente,
               introducendo all’art. 14 CSDDD un meccanismo di reclamo e adoperandosi per
               ridurre gli ostacoli al suo accesso. Proficua ‘cartina al tornasole’ di tali scelte


               c.p.c. richiama espressamente l’eventuale condanna al “pagamento (…) delle cose dovute a ciascun
               aderente”; salvo attribuire un (più ampio e contestuale) significato «deterrente» di “condanna (…)
               alle restituzioni” all’art. 840-bis, c. 1, c.p.c.
                  42  Infatti, di là dal rischio di una compliance meramente formale, senza un effettivo impegno
               sostanziale al raggiungimento degli obiettivi unionali in materia di sostenibilità e responsabilità
               d’impresa, l’ambito della due diligence non è di agevole tracciamento, specie per quanto concerne le
               relazioni  con  partner  commerciali  indirettamente  coinvolti  nei  processi  produttivi,  con  i  quali
               mancano dirette pattuizioni, con possibile integrazione in base al peculiare dispositivo ex artt. 18 e
               19 CSDDD. P. VIRGADAMO, Diritto consuetudinario e rapporti di diritto civile nel sistema italo-europeo
               delle fonti: una basilare ricostruzione del problema e alcune riflessioni interlocutorie, in M. BIANCA, J.R. DE
               VERDA Y BEAMONTE (eds.), Estudios de Derecho Privado en homenaje al Profesor C.M. Bianca, in Act. Jur.
               Iberoam., (No. Spec. 16-bis), Valencia, 2022, p. 517, ed ivi nt. 17.
                  43  Opportunamente discusse da G. SCIANCALEPORE, Autonomia negoziale e clausole d’uso, Napoli,
               1998, p. 285 ss., al fine di scongiurare riassetti societari ‘strategici’ in quanto elusivi degli obblighi
               normativi, ad es., tramite delocalizzazione delle attività produttive in Paesi con regolamentazioni
               meno  severe  e/o  costi  di  conformità  più  bassi  (quando  non  a  strumentalizzarne  la  portata per
               cessare  prematuramente  rapporti  commerciali  in  corso,  senza  alcuna  concessione  di  un  c.d.
               «termine di grazia» onde adeguarsi: amplius V. PUTORTÌ, Inadempimento e risoluzione anticipata del
               contratto, Milano, 2008, spec. p. 169 ss.), valevoli anche per le imprese di Paesi terzi con attività
               rilevanti  nell’Unione  Europea  ed  incentivando  il  coordinamento  tra  le  autorità  di  vigilanza
               nazionali nelle loro pratiche di supervisione per garantire un’applicazione uniforme (v. artt. 23, 24
               e 28 CSDDD).

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