Page 20 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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GIOVANNI STELLA





               3. La validità sotto il profilo strettamente civilistico delle clausole dichiarate
                 anticoncorrenziali

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               Come osservano anche le Sezioni Unite , le tre clausole in questione di deroga al
               codice civile in questione sono sempre state ritenute valide nella giurisprudenza
               di legittimità con riferimento al singolo contratto di fideiussione in sé considerato,
               al  di  fuori  della  prospettiva  del  diritto  antitrust  e  quindi  dal  punto  di  vista
               strettamente civilistico. Nell’ottica del diritto concorrenziale, invece, sono vietate
               le clausole di deroga al codice civile applicate in modo uniforme, in una pluralità
               di contratti di fideiussione, con un contenuto identico a quello di cui allo schema
               ABI, perché ciò fa presumere che essi siano frutto dell’intesa a monte dichiarata
               anticoncorrenziale dall’autorità antitrust.
               Da ciò consegue che le banche, per i futuri singoli contratti o anche per quelli in corso
               (chiamando naturalmente il fideiussore a una nuova firma), potrebbero modificare il
               contenuto di queste clausole in modo tale da un lato da far venir meno la coincidenza
               con lo schema ABI e da altro lato da salvaguardare il più possibile la sostanza delle
               clausole che, come detto, è legittima da un punto di vista civilistico. Ad esempio, con
               riferimento alla clausola di deroga all’art. 1957 c.c., che è poi la clausola più importante
               dal punto di vista pratico, mi sembra sostanzialmente ammissibile la recente modifica
               introdotta in alcuni schemi bancari nella parte in cui prevede che l’istituto di credito
               deve agire entro 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale nei confronti del
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               debitore  o  del  fideiussore  per  conservare  la  garanzia .  Tale  modifica  distacca  il
               contenuto della clausola dallo schema ABI, facendo venir meno la presunzione che
               essa sia frutto dell’intesa anticoncorrenziale, e nello stesso tempo tutela l’interesse della
               banca ad avere a disposizione per l’azione giudiziale un termine più lungo di quello –
               obiettivamente breve, almeno nella prassi di un istituto di credito – dei 6 mesi previsto
               dalla norma.


                  22  Cass., Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994, cit.
                  23  Preciso, però, che se può risultare per i motivi esposti nel testo di per sé lecita, anche sotto il
               profilo anticoncorrenziale, una clausola che preveda in deroga all’art. 1957 c.c. un termine più
               ampio  (ad  esempio,  36  mesi)  per  l’azione  in  giudizio  contro  il  debitore  principale  (o  contro  il
               fideiussore), desta qualche perplessità, nel suo complesso, la  clausola adottata in alcuni recenti
               schemi bancari di fideiussione omnibus secondo cui «I diritti derivanti alla Banca dalla fideiussione
               restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore e il termine entro il quale
               agire per l’adempimento, in deroga a quanto previsto dall’art. 1957 Cod. Civ., si stabilisce in 36
               mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita».
                  Posto che nella prima parte di siffatta clausola si afferma che «I diritti derivanti alla Banca dalla
               fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore» (ossia la
               fideiussione resta efficace sino a quando il debito principale non sia stato completamente pagato),
               a me pare che la seconda parte secondo cui il creditore decade dalla garanzia se non agisce per
               l’adempimento «… entro 36 mesi dalla scadenza dell’obbligazione garantita», sia in contraddizione
               appunto  con  quella  prima  parte.  L’intrinseca  contraddittorietà  della  clausola  e,  comunque,  il
               carattere  ingiustificatamente  oneroso  per  il  fideiussore  della  sua  prima  parte  (frutto  dell’intesa
               anticoncorrenziale delle banche), inducono a ritenere che la modifica della previsione di deroga in
               tali termini non sia sufficiente per sottrarla alla declaratoria di nullità.


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