Page 6 - Francesco Denozza - I beni intangibili e i problemi della mercificazione
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FRANCESCO DENOZZA
così dire primitivo, che prevede la proprietà collettiva della risorsa. Viene allora
scoperto che, se i membri della collettività cacciano ciascuno per conto proprio e
nessuno si preoccupa del ripopolamento, prima o poi la riserva di animali presenti
sul territorio diminuirà sino ad esaurirsi. Così tutta la storia volgerà in tragedia.
Cosa occorre fare per evitare tutto ciò? Risposta: un cambiamento degli assetti
istituzionali e in particolare un’ignizione di proprietà privata. Se a ciascun
cacciatore viene assegnata in proprietà una certa zona in cui solo lui potrà
cacciare, egli sarà costretto, se non vuole morire, prima o poi, di fame, a
preoccuparsi del ripopolamento. Alla fine, il complessivo sistema economico
basato sullo sfruttamento della risorsa produttiva in questione, ristrutturato da
frazionamenti e privatizzazioni, raggiungerà il suo ottimale equilibrio.
La situazione è in realtà alquanto più complicata.
Ripartiamo da una distinzione familiare, soprattutto ai marxisti, quella tra forze
produttive e rapporti di produzione. Senza entrare nel risalente dibattitto sul preciso
significato dell’una e dell’altra nozione, quello su cui la favola dei beni comuni ci
invita a riflettere, non è la superiorità dell’istituzione proprietà privata sulla
proprietà comune, ma è una possibile asimmetria (una “contraddizione”, per dirla
in linguaggio hegelo-marxista) tra forze produttive e rapporti di produzione.
Se ci si pone in questa prospettiva (contraddizione tra forze produttive e
rapporti di produzione) non si tarda a scoprire che la proprietà collettiva dei
territori di caccia è perfettamente coerente con una organizzazione sociale in cui
la caccia avviene in comune e il prodotto della stessa è diviso tra tutti secondo
regole tradizionali prestabilite. Ciò che manda in crisi questo equilibrio, molto
prima di qualsiasi sviluppo delle forze produttive (cioè, dei mezzi tecnici di
caccia), è l’arrivo del cacciatore con spirito europeo, il cacciatore, cioè, che si
appropria personalmente di tutto il prodotto della sua caccia e, soprattutto, che
caccia non per mangiare e vestirsi, ma per vendere le pelli, in una prospettiva di
accumulazione che oramai non ha più limiti.
È a questo punto, e per questa ragione, che la proprietà comune non funziona
più. Un’economia caratterizzata da appropriazione privata, e accumulazione
senza freni, non è compatibile con la proprietà comune della terra.
Se ora torniamo al tema degli intangibili, e partiamo dalla riconosciuta
rilevanza dei rapporti di produzione, scopriamo facilmente che il problema non è
definito solo e tanto dalla presenza degli intangibles, e dalla opportunità di trovare
accorgimenti istituzionali atti a facilitarne la produzione e l’utilizzazione, ma dal
fatto che gli intangibles devono inserirsi nei rapporti di produzione caratteristici di
una economia capitalistica. Devono, in una parola, circolare come merci. Cosa
che può rivelarsi molto problematica perché molte risorse intangibili hanno, sul
piano fattuale, caratteristiche che, come ora vedremo, ne rendono decisamente
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problematica la circolazione come merci .
7 Hanno, come già notoriamente succede anche a quei beni (natura, lavoro, moneta) che
POLANYI (The Great Transformation, New York, 2001) chiamava “fictitious commodities”
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