Page 9 - Marzia Gaia Marzano - Intelligenza artificiale e decisione penale: quali gli scenari possibili? - IANUS: Diritto e Finanza - Quaderni 2023
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IANUS - Quaderni 2023                                        ISSN 1974-9805




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               grado di «sostituire la legge» , la quale ormai da tempo non appare più in grado
               di  conformare  l’esito  giudiziario,  consentendo  almeno  di  raggiungere  una
               maggiore  prevedibilità  dello  stesso .  Ciò,  a  sua  volta,  implementerebbe  la
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               capacità di autodeterminazione dei cittadini restituendo agli stessi una maggiore
               fiducia nei confronti dello Stato.
                  In altri termini, data la crisi in cui attualmente versa il principio di legalità,
               causata, per un verso, dalla sempre maggiore importanza acquisita dalle Corti
               (costituzionali, interne ed europee) nel processo di formazione del diritto e,
               per  altro,  dalla  tendenza  della  giurisprudenza  a  «forzare  i  cancelli  delle
               parole»  attraverso un uso distorto della tecnica di interpretazione estensiva ,
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               si è fatta strada l’idea che il ricorso alla c.d. “giustizia predittiva” - essendo in
               grado di garantire una stabilizzazione “debole” del precedente giurisprudenziale
               - potrebbe rappresentare un rimedio in grado di assicurare il recupero almeno
               parziale delle garanzie di cui il principio di legalità si fa portatore in materia
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               penale .
                  Parimenti, gli strumenti di predizione decisoria sarebbero capaci di migliorare
               l’affidabilità dei giudizi prognostici che l’organo decidente è chiamato ad emettere
               tutte le volte in cui assume rilievo una valutazione sulla pericolosità di un soggetto
               e garantirebbero – attraverso il ricorso ad indici di gravità oggettivi - una maggiore
               uniformità  nella  determinazione  del  trattamento  sanzionatorio,  consentendo
               altresì al giudice di liberarsi, sia pur parzialmente, dal senso di responsabilità
               collegato  alla  necessità  di  dover  esercitare  «poteri,  i  quali  suppongono  una
               capacità che l’uomo non possiede» .
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                  Il  ricorso  alla  giustizia  predittiva  sembrerebbe,  infine,  incoraggiato  dai

                  15  SGUBBI, Il diritto penale totale. Punire senza legge, senza verità, senza colpa. Venti tesi, Bologna, 2019,
               p. 41.
                  Nello stesso senso, si veda: GARAPON, LASSÈGUE, Justice digitale, cit., p. 175 che afferma «mentre
               le banche dati permettevano di conoscere meglio il diritto, di commentarlo e perfino di criticarlo, il
               trattamento  tramite  i  big  data,  a  partire  da  sentenze  effettivamente  emesse,  genera  una  nuova
               normatività».
                  16  Muovono da queste premesse: DI GIOVINE, Il Judge-Bot e le sequenze giuridiche in materia penale
               (intelligenza artificiale e stabilizzazione giurisprudenziale), in Cass. Pen., 3, 2020, pp. 951 e ss.; CATERINI,
               Il giudice penale robot, in La legislazione penale, 19 dicembre 2020; MANES, L’oracolo algoritmico e la
               giustizia penale: al bivio tra tecnologia e tecnocrazia, in Discrimen, 15 maggio 2020.
                  17  Cfr. IRTI, I cancelli delle parole, Napoli, 2015.
                  18  In argomento si veda MANNA, Il lato oscuro del diritto penale, Pisa, 2017, pp. 33 e ss. e 44 e ss.
                  19  Sull’importanza della prevedibilità del diritto e sulla necessità di evitare decisioni “a sorpresa”,
               le quali imporrebbero quantomeno un obbligo di prendere in considerazione il precedente anche
               nei sistemi di civil law (nonostante l’assenza di un obbligo formale in tal senso) si veda: BIFULCO, Il
               giudice è soggetto soltanto al «diritto». Contributo allo studio dell’art. 101, comma 2 della Costituzione italiana,
               Napoli, 2008, pp. 43 e ss.
                  20  L’espressione è ripresa da CARNELUTTI, La pena dell’ergastolo è costituzionale?, in Riv. dir. proc.,
               1, 1956, pp. 1-6 (spec. p. 4). Nello scritto l’Illustre giurista censura la funzione retributiva della pena
               affermando che «il dosaggio del  malum passionis in anni, mesi e giorni secondo la gravità di un
               imponderabile malum actionis è quasi sempre meno serio del calcolo di Shylock quando pretendeva
               di valutare in una libbra di carne l’inadempimento del suo debitore».


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