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FRANCESCA DEGL’INNOCENTI





                  Del  resto,  lo  stesso concetto  di  partner  commerciale  esula  dalla  stretta
               riconduzione  del  rapporto  ad  una  dinamica  negoziale,  come  dimostra  la
               circostanza che gli obblighi di diligenza si applichino tanto ai partner commerciali
               diretti quanto a quelli indiretti, definiti dall’art. 3 lett. f), rispettivamente, come: i)
               soggetti con cui “la società ha concluso un accordo commerciale connesso alle
               attività, ai prodotti o ai servizi della società” o ai quali “la società fornisce servizi
               a norma della lettera g)”, e cioè in quanto partecipi della catena di attività; ii)
               soggetti che non si indentificano in partner commerciali diretti, ma che svolgono
               “attività commerciali connesse alle attività, ai prodotti o ai servizi della società”.
               Chiaramente rispetto ai partner commerciali indiretti, i  doveri dell’impresa si
               affievoliscono, in quanto la valutazione dell’adeguatezza delle misure da adottare
               per  prevenire,  mitigare  o  arrestare  gli  impatti  negativi,  prima,  e  della
               responsabilità della società, poi, sono calibrati sul “grado di influenza o di effetto
               leva che la società potrebbe ragionevolmente esercitare, ad esempio attraverso la
               cooperazione con il partner commerciale in questione o l'interazione con un’altra
               società che è  partner  commerciale diretto del  partner  commerciale associato
               all'impatto negativo” (considerando n. 45); poteri di influenza che evidentemente
               sono  minori  rispetto  al  partner  con  il  quale  sussista  un  rapporto  (indiretto
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               appunto) non formalizzato contrattualmente .
                  È più che plausibile che una siffatta cornice normativa, che introduce garanzie
               e  obblighi  “a  cascata” che  si  estendono a  tutta la  catena  di  attività, senza
               tecnicismi giuridici che traccino confini certi e puntuali delle attività verso le quali
               le  grandi  imprese  assumono  specifici  doveri  di  monitoraggio  e  di
               “conformazione”, offra appigli per soluzioni interpretative difformi anche in fase
               di  recepimento,  né  sono  esclusi  potenziali  risvolti  critici  derivanti  dalla
               configurabilità  di  una  data  attività  (tanto  più  se  riferibile  ad  un  partner
               commerciale solo indiretto) quale segmento di più catene del valore, in assenza
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               di una situazione di stretta mono-committenza .
                  Per quanto concerne la mancata identificazione tipologica e la vocazione della
               disciplina per così dire “allargata”, si tratta di un’opzione legislativa per certi versi
               non dissimile a quella operata nella l. n. 192/1998. Diversamente dalla direttiva
               CSDDD,  la  disciplina  normativa  sulla  sub-fornitura  ha  principalmente  una
               funzione di contrasto rispetto a comportamenti abusivi perpetrati in un contesto
               di mercato economicamente asimmetrico in cui l’impresa sub-contraente esercita
               la propria attività a vantaggio dell’impresa committente, sottostando a specifiche
               direttive  tecniche  di  esecuzione,  ma  –  al  netto  delle  diverse  ricostruzioni
               interpretative avanzate in relazione alle fattispecie contrattuali che ricadono nella


                  21   In  effetti, gli  artt.  10,  4  c.,  e  11,  5  c.,  prevedono che  la  società  possa chiedere  garanzie
               contrattuali ai  partner  commerciali  indiretti, mentre le  speculari  previsioni riguardanti i  partner
               commerciali diretti parrebbero assumere maggiore carattere imperativo.
                  22  Un problema di non poco momento a cui la disciplina in commento espone, con i rischi che
               ne discendono in termini tanto di potenziale sovrapposizione degli standard di sostenibilità che le
               attività sono chiamate a rispettare, quanto di riparto delle responsabilità delle società “di vertice”.

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