Page 87 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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IANUS n. 26-2022 ISSN 1974-9805
fonti di obbligazioni, non è sufficiente a sottrarlo alla qualifica di "intesa", la cui
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illiceità deriva – anzitutto – dall'oggetto o dall'effetto anticoncorrenziale .
Una successiva decisione in materia ha affrontato lo specifico tema delle tutele
azionabili dal privato, cliente della banca, che abbia stipulato un contratto di
fideiussione che riproduca, in tutto o in parte, il contenuto di un’intesa conclusa
in violazione della succitata normativa antitrust, escludendo in radice la
legittimazione del consumatore finale a proporre una qualsiasi forma di azione,
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spettando tale legittimazione solo alle imprese danneggiate dall’intesa .
Una terza pronuncia, pur estendendo la legittimazione a far valere la nullità
dell’intesa anche ai privati, non imprenditori, che abbiano stipulato contratti a
valle, ha, tuttavia, ristretto la tutela alla proponibilità della sola azione risarcitoria,
escludendo in radice la tutela reale .
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La svolta decisiva è segnata in materia – in termini di maggiore tutela dei privati
– da una sentenza delle Sezioni Unite, secondo la quale la l. antitrust n. 287 del 1990
detta norme – segnatamente l’art. 2 – a tutela della libertà di concorrenza aventi come
destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero
chiunque abbia un interesse, processualmente rilevante, alla conservazione del suo
carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio
conseguente alla rottura o alla diminuzione di tale carattere per effetto di un'intesa
vietata. Al riguardo va tenuto conto, da un lato, che, di fronte ad un'intesa restrittiva
della libertà di concorrenza, il consumatore, acquirente finale del prodotto offerto dal
mercato, vede eluso il proprio diritto ad una scelta effettiva tra prodotti in
concorrenza, e, dall'altro, che il cosiddetto contratto «a valle» costituisce lo sbocco
dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti.
Ne discende che, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti
dall'ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art.
2043 c.c., il consumatore finale, che subisce danno da una contrattazione che non
ammette alternative per l'effetto di una collusione «a monte», ha a propria
disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli
imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della «nullità dell'intesa»
e di »risarcimento del danno» di cui all'art. 33 della l. n. 287 del 1990, azione la cui
cognizione è rimessa da quest'ultima norma – nel testo vigente al tempo della
pronuncia – alla competenza esclusiva, in unico grado di merito, della corte d'appello.
Va rilevato, al riguardo, che le Sezioni Unite – pur non affrontandola ex professo –
hanno, tuttavia, operato un importante riferimento, in motivazione, alla
problematica concernente il contratto stipulato a valle dell’intesa vietata. Ed invero,
la decisione in esame ha affermato che «il consumatore, che è l'acquirente finale del
prodotto offerto al mercato, chiude la filiera che inizia con la produzione del bene.
Pertanto la funzione illecita di una intesa si realizza per l'appunto con la sostituzione
1 Cass., sez. I, 1° febbraio 1999, n. 827.
2 Cass., sez. I, 9 dicembre 2002, n. 17475.
3 Cass., sez. III, 11 giugno 2003, n. 9384.
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