Page 7 - Elena Bindi, Elia Cremona - La regolazione delle grandi piattaforme digitali
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IANUS n. 27-2023 ISSN 1974-9805
Oggi, tuttavia, le dinamiche dei mercati digitali generano numerosi problemi
sia sul fronte dell’esercizio di alcune libertà fondamentali (si pensi alla libertà di
manifestazione del pensiero e al ruolo giocato dalle piattaforme nella
moderazione dei contenuti) che di quelle economiche (si pensi alla dipendenza
economica delle imprese da Google e Facebook per poter raggiungere gli utenti
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finali), e un forte intervento regolatorio non è più differibile .
Fino ad oggi, infatti, molte delle regole osservate nell’ambiente digitale sono state
di origine privata. Anzi, si può osservare che tali regole, come quelle contenute negli
Standard della Community o nelle Normative pubblicitarie di Facebook ad esempio, da
prodotto dell’autonomia negoziale si sono tramutate in norme, in fonti (private) del
diritto , rispondenti a criteri di validità materiale di un ordinamento digitale ormai
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giuridicizzato. Tale lettura interpretativa, che è forse solo suggestiva, ha se non altro
il pregio di descrivere in maniera più “semplice” il rapporto che intercorre tra grandi
piattaforme e utenti, e cioè in termini di potestà-soggezione, in senso privatistico, o
di autorità-libertà, in senso pubblicistico . Del resto, chi ha davvero la possibilità di
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“discutere”, negoziare tali clausole? Chi può ascrivere al “consenso”, anziché al
“comando” , la scaturigine di queste regole?
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Da ciò, deriva un interrogativo: a chi spetta e chi è davvero in grado di regolare
il mondo digitale?
Da una parte, infatti, le istituzioni politiche pubbliche, che pure sarebbero
costituzionalmente inclini ad una regolazione del mercato in funzione di tutela
dei diritti e delle libertà, non sono state sino ad oggi in grado di produrre un diritto
effettivo, applicabile su scala globale. D’altra parte, i poteri privati, sono viceversa
stati in grado di produrre regole effettive, osservate su scala globale, ma – per
quanto possano aver avvertito come importante la propria responsabilità sociale
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– hanno continuato ad anteporre il legittimo profitto alle aspettative di tutela dei
diritti dei propri utenti.
Ora, quello dei poteri privati (o autorità private) è tema antico, frequentato
tanto dalla dottrina giuridica privatistica quanto da quella pubblicistica . E pure
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12 Cfr. AMMANATI et al. (a cura di), Algoritmi, Big Data, piattaforme digitali. La regolazione dei mercati
in trasformazione, Torino, 2021, passim.
13 Sul tema, fondamentale è l’analisi e la proposta di DE MINICO, Regole. Comando e consenso,
Torino, 2005.
14 SIMONCINI, Sovranità e potere nell’era digitale, in Frosini et al. (a cura di), Diritti e libertà in internet,
Firenze, 2017, 19 ss.; A. SIMONCINI, L’algoritmo incostituzionale: intelligenza artificiale e il futuro delle
libertà, in BioLaw J., 1, 2019, 67.
15 Per riprendere la coppia concettuale utilizzata da DE MINICO, Regole. Comando e consenso; ID.,
Towards an Internet Bill of Rights, in 37 Loy. L.A. Int’l & Comp. L. Rev., 2015, 27 ss.
16 Cfr. la lettera annuale di Larry Fink, CEO del più grande fondo di investimenti al mondo,
Black Rock, del 18 gennaio 2022, che insiste sulla necessaria transizione verso un capitalismo degli
stakeholder e non più (solo) degli shareholder. La lettera è disponibile al seguente link:
https://tinyurl.com/42x886c9.
17 BIANCA, Le Autorità private, Napoli, 1977.
18 LOMBARDI, Potere privato e diritti fondamentali, Torino, 1970.
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