Page 127 - IANUS n. 28 - La rilettura dei paradigmi giuridici tradizionali alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile
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IANUS n. 28-2023 ISSN 1974-9805
un “nulla o vuoto giuridico”. Ciò è servito ai proprietari terrieri che hanno
riempito il vuoto esercitando i propri diritti di proprietà ad astra. I diritti di
proprietà potrebbero non includere il diritto a inquinare, ma l’assenza di un
titolare di diritti che possa contestare la violazione degli stessi impedisce di
condannare in concreto atti di inquinamento.
Chiunque, inclusa l’industria dei combustibili fossili, del resto, può emettere
liberamente gas-serra nell’atmosfera poiché ciò non tocca in maniera specifica i
diritti di singoli soggetti. Questo è lo status quo a livello giuridico. Ciò potrà
cambiare solo se, e nella misura in cui, la legge stabilisca diritti che limitano gli
standard di emissione. Fino ad oggi, si è trattato di una battaglia ardua, che non
è stata resa più semplice dal fatto che l’Accordo di Parigi del 2015 sui
cambiamenti climatici non richieda impegni, obiettivi e scadenze giuridicamente
vincolanti, considerando le pratiche di attuazione lente e incomplete da parte
degli Stati firmatari.
L’unico modo per ovviare a questa lacuna giuridica può essere il riconoscimento
del diritto dell’intera umanità presente e futura alla conservazione dell’atmosfera.
Come proprietaria, l’umanità potrebbe invocare il risarcimento dei danni subiti
dall’atmosfera o da altri beni comuni, dare compensazioni a coloro che la proteggono
(ad esempio, produttori e utenti di energia rinnovabile) e in questo modo eliminare i
gas-serra. È perciò necessario dichiarare l’atmosfera un bene comune pubblico, di
proprietà di tutta l’umanità e protetto dal diritto. Ciò fornirebbe una copertura
giuridica efficace contro l’industria dei combustibili fossili ed i suoi sostenitori (Stati,
banche, società commerciali). I concetti di proprietà privata e sovranità statale
rimarrebbero immutati, ma il loro confine sarebbe segnato dall’inizio della proprietà
comune. La nuova norma per l’Antropocene dovrebbe consistere nel far prevalere la
proprietà comune sulla proprietà privata.
Si tratta di un costrutto giuridico abbastanza semplice. Potrebbe, ad esempio, essere
supportato dalla consolidata dottrina del “public trust” o amministrazione fiduciaria.
La dottrina del “public trust” afferma che i beni comuni naturali dovrebbero essere
custoditi in un trust come beni al servizio del bene pubblico. È responsabilità di ogni
governo, in qualità di amministratore fiduciario, proteggere questi beni dai danni e
garantirne l’uso per la popolazione e le generazioni future. Pertanto, a livello nazionale,
il governo agirebbe come fiduciario ambientale. A livello internazionale, gli Stati
agirebbero congiuntamente come “tutor” dei beni comuni globali come l’atmosfera.
Considerato che solo circa 90 aziende sono responsabili dei due terzi delle emissioni di
carbonio presenti nell’atmosfera, un’istituzione fiduciaria globale potrebbe risolvere il
problema del cambiamento climatico .
13
L’idea dei trust globali della natura è stata promossa da giuristi ambientalisti
14
13 COSTANZA, Claim the sky! Solutions, 6(1), 2015, 18–21
14 WOOD, Nature’s trust: Environmental law for a new ecological age, New York: Carolina University
Press, 2013 o SAND, e rise of public trusteeship in international law, Global Trust Working Paper Series
03/2013. Retrieved from: http://globaltrust.tau.ac.il/ wp-content/uploads/2013/08/PeterSand-
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