Page 76 - IANUS n. 28 - La rilettura dei paradigmi giuridici tradizionali alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile
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EMANUELA ORLANDO
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diritto internazionale . L’approccio scelto da Ruggie, e poi trasposto nei PGNU,
si basa invece su una impostazione meno centralizzata, caratterizzata dalla
delineazione dei rispettivi ruoli e responsabilità di stati e imprese, quali ‘attori’
della governance globale. I PGNU si basano su tre pilastri principali,
distinguendo tra: (1) un obbligo degli stati di proteggere da eventuali abusi dei
diritti umani operati da terze parti (State’s duty to protect); (2) una responsabilità
delle imprese di rispettare i diritti umani (Responsibility to respect); ed infine (3) il
riconoscimento dell’importanza fondamentale di assicurare dei rimedi efficaci per
le vittime di violazioni dei diritti umani (access to remedy). Il dibatto relativo alla
“accountability” delle imprese viene dunque affrontato nel secondo pilastro
(‘Responsibility to Respect’) relativamente al quale i PGNU rimangono in parte
ancorati ad una posizione di carattere più volontaristico e quasi di auto-
regolamentazione. Diversamente dalle Norme, essi parlano di “responsabilità”
anziché di obblighi delle imprese multinazionali, con una scelta terminologica
che sottende una precisa volontà di non-discostarsi dalla visione tradizionale e
stato-centrica dell’ordinamento internazionale. L’analisi testuale del secondo
pilastro dei PGNU mostra chiaramente come rispetto alle Norme del 2003, questi
assumano una posizione meno rivoluzionaria sulla questione, controversa e
molto dibattuta, della soggettività internazionale delle imprese transnazionali.
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Nonostante questa limitazione, al lavoro di Ruggie va senz’altro riconosciuto
il merito di aver apportato un nuovo e stimolante impulso alle discussioni in tema
di diritti umani e imprese, aprendo finalmente la via ad importanti sviluppi
normativi. L’elemento innovativo del secondo pilastro degli UNPG è il concetto
di due diligence che assume un ruolo cruciale nel delineare i contorni degli obblighi,
seppure non vincolanti, e delle responsabilità delle imprese. Si tratta di un
concetto profondamente diverso dal tradizionale strumento di due diligence
societaria, ovvero la previa verifica dello stato economico e finanziario di una
società in vista di operazioni comportanti la sua fusione con un’altra azienda o la
sua acquisizione da parte di un’altra società. In materia di diritti umani la due
diligence ha invece come obiettivo principale di individuare, comprendere e gestire
gli impatti negativi che le attività dell’azienda hanno sui diritti umani, attraverso
36 Rappresentativo al riguardo è il principio stabilito nella Sezione A.1 delle Norme:
«…Within their respective spheres of activity and influence, transnational corporations and other
business enterprises have the obligation to promote, secure the fulfilment of, respect, ensure
respect of and protect human rights recognized in international as well as national law». Alcuni
autori considerano le Norme come uno dei, rari, esempi pratici in cui vengono stipulati degli
obblighi di diritto internazionale direttamente in capo ad attori privati, superando quindi la
tradizionale dicotomia tra sfera privata e pubblica: KRAJEWSKI, Mandatory human rights due
diligence law: blurring the lines between state duty to protect and corporate responsibility to respect? in Nordic
Journal of Human Rights, 2023, 6.
37 Vedi in particolare le critiche mosse da parte della dottrina per questo approccio dei PGNU
che rimane in parte ancorato ad un approccio basato su «self-regulation and corporate
voluntarism»: BAXI, Human rights responsibility of multinational corporations, political ecology of
injustice: learning from Bhopal thirty plus? in Business and Human Rights Journal, 2016, 33-34.
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