Page 72 - IANUS n. 28 - La rilettura dei paradigmi giuridici tradizionali alla luce dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile
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EMANUELA ORLANDO
dei diritti umani e degli standard ambientali da parte delle imprese operanti sul
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proprio territorio . Come già osservato da alcuni autori, appare pertanto evidente
come l’impostazione stato-centrica del diritto internazionale e la conseguente
mancanza di riconoscimento di una soggettività giuridica alle società
multinazionali insieme alla ‘finzione giuridica’ del velo societario negli
ordinamenti giuridici nazionali abbiano di fatto contribuito a creare un vuoto
normativo e di governance, e «un ambiente permissivo nell’ambito del quale
possono verificarsi atti biasimevoli da parte delle aziende senza che vi sia un’
adeguata sanzione o riparazione» .
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Tali problemi e difficoltà appaiono accentuati nelle ipotesi in cui l’impresa si
avvalga di reti di produzione e di distribuzione globali – le cosiddette “catene del
valore” – nell’ambito delle quali, attraverso transazioni di mercato e una
proliferazione di rapporti economici e contrattuali (es contratti di appalto,
subappalto per la fornitura di materie prime or per la lavorazione di alcuni
prodotti), la multinazionale si affida ad altre imprese per l’esecuzione di parte
dell’attività . Infatti, negli ultimi decenni la crescente esternalizzazione dei
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processi aziendali e la globalizzazione delle catene di produzione e
approvvigionamento ha fatto sì che gli impatti negativi sull’ambiente e le
violazioni dei diritti umani legate alle attività produttive non occorrano più
solamente nell’ambito di una organizzazione aziendale unitaria, come nel caso
di una società multinazionale la cui casa madre opera attraverso filiali localizzate
in paesi terzi, ma anche nel contesto più ampio ma anche più frammentato delle
cosiddette ‘supply chains’ o ‘value chain’ . Se da un punto di vista di strategia
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imprenditoriale, l’esternalizzazione di tutto o parte della produzione in altri paesi,
soprattutto in sistemi giuridici con standard di tipo sociale e ambientale meno
stringenti, presenta degli indubbi vantaggi in termini di competitività, è anche
dimostrato che espone la società capofila a maggiori rischi di abusi di diritti umani
e sociali, e di danno ambientale occorrenti nell’ambito dei vari segmenti della
catena. Inoltre, numerosi studi hanno riconosciuto la maggiore complessità e
frammentazione dei rapporti tra i vari segmenti e le varie entità coinvolte nella
catena di produzione e la conseguente maggiore difficolta della società capofila
di controllare e assicurare in maniera efficace il rispetto di standard di sostenibilità
17 DEVA, Human rights violations by multinational corporations: where from here?, in Connecticut
Journal of International Law, 2003, 20-21.
18 RUGGIE, ‘Business and human rights: towards operationalising the Protect, Respect and
Remedy framework: Report of the special representative of the Secretary-General on the issue of
human rights and transnational corporations and other business enterprises’, UN
th
Doc.A/HRC/11/13, 22 April 2009, Human Rights Council 11 Session Agenda item 3.
19 MUCCIARELLI cit.
20 Ci sono dei settori in cui il rischio di abusi di diritti umani e danni ambientali nel contesto
delle catene del valore è particolarmente alto; cfr. nel caso dei “conflict minerals”, HOFMANN,
SCHLEPER AND BLOME, cit.
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