Page 62 - Giovanni Romano, Gianni Capobianco - Crediti professionali e procedure concorsuali. Riflessioni in tema di autonomia negoziale e regolazione della crisi d’impresa
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GIOVANNI ROMANO, GIANNI CAPOBIANCO





               parametro  funzionale  capace  di  adeguare  «l’atto  alle  ragioni  della  crisi
                         207
               d’impresa» ;  riteniamo di  poter giungere  alla  conclusione che,  pur  essendo
               mancata, nonostante gli auspici espressi in letteratura 208 , e nonostante, per vero,
               le indicazioni provenienti dalla stessa l. delega, una compiuta regolamentazione
               ex ante della materia dei compensi dei professionisti incaricati dal debitore 209 , la
               rilettura della norma di settore alla luce dei principi generali dell’ordinamento e,
               poi, di quelli propri del diritto della crisi d’impresa, consenta di rendere operanti
               soluzioni sostanzialmente coincidenti con quelle originariamente immaginate.
                  Se, infatti, trova piena conferma, nella disciplina generale del contratto d’opera
               professionale, l’assunto per cui, indipendentemente dalle specifiche modalità di
               sua determinazione, «la proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso
               rimangono  l’essenza  comportamentale»  già  richiesta  allo  stesso  professionista
               “fiduciario” 210 , nel  diritto  della  crisi,  ove, in  forza  di  quanto  in  precedenza



               di  «perseguire  i  risultati  auspicati»,  e  cui  certo  invece  «non  si  ispira  una  pattuizione che  incida
               negativamente sugli interessi dei creditori concorsuali» sancendo un «obbligo di pagamento di un
               corrispettivo fisso a fronte di prestazioni variabili nella loro consistenza». Ciò che è dunque  nullo ex
               artt. 1325 e 1419 c.c.,  precisa ancora la sentenza, non è «l’entità della quantificazione del compenso
               compiuta  dalle  parti,  bensì  la  pattuizione  di  insindacabilità  della  quantificazione  a  prescindere  dalla
               consistenza della prestazione resa» in quanto elemento che renderebbe la stessa prestazione del tutto
               «svincolata dalla ragione concreta perseguita con la conclusione del contratto» (corsivi ns.). È evidente come,
               in questo caso, ancor prima della verifica d’un qualche nesso di strumentalità capace di giustificare
               un certo, particolare,  effetto redistributivo a favore del professionista, s’abbia a  che fare con un
               problema attinente alla congruità causale dell’attribuzione patrimoniale qua talis, apparendo chiaro
               come essa, nel contesto della regolazione della crisi d’impresa, non possa «prescindere dall’esistenza
               di limiti  legali,  che svolgono proprio  la funzione di indirizzare l’attività del professionista verso
               condotte adeguate alla tutela degli interessi protetti» (GALLETTI, Il contratto, cit., 918 ss.).
                  207  Cfr. sempre GALLETTI, Il contratto,  cit., 898 e passim.
                  208  Cfr. FABIANI,  Il delicato ruolo, cit., 758; PANI,  La prededuzione, cit., 17.
                  209  L’art. 6, c. 1, lett. c), l.  n. 155/2017  chiedeva al legislatore delegato di «determinare l’entità
               massima  dei  compensi  spettanti  ai  professionisti  incaricati  dal  debitore,  da  commisurare
               proporzionalmente all’attivo dell’impresa soggetta alla procedura». E si apprende che, in una delle
               originarie proposte, con soluzione poi per l’appunto non ricompresa nella versione finale del c.c.i.i.,
               al  momento di  limitare  l’entità  massima del  compenso commisurandolo in  percentuale a  certi
               scaglioni dell’attivo, si sarebbe inteso anche stabilire un tetto percentuale massimo (pari al 25% del
               presumibile compenso complessivo) alla possibilità di corresponsione di acconti, con conseguente
               ripetibilità  (nel concordato) e revocabilità (nella liquidazione giudiziale successiva) dei pagamenti
               per importi eccedenti. Cfr. GREGGIO, La prededucibilità, cit.,  148 s.; LAMANNA,  Il codice, cit., 108 s.
                  210  Cass., sez. un., 25 novembre 2014, n. 25012, in Corr. giur., 2015, 854, con nota di DAMIANO,
               No al patto di “quota-risultato”  …se è sproporzionato: un quasi-caso di correzione  della motivazione;  e cfr.
               anche MONTICELLI, Regole e mercato, cit., 540 s., osservando come la norma deontologica richiamata
               in sentenza (attualmente corrispondente all’art. 29, c. 4, cod. deont. forense, per il quale «L’avvocato
               non deve richiedere  compensi  o acconti  manifestamente  sproporzionati all’attività  svolta o  da
               svolgere») sia «chiaramente ispirata  all’osservanza delle regole di correttezza e buona fede nella
               determinazione del contenuto del contratto, regole  che,  unitamente al  dovere inderogabile di
               solidarietà espresso dall’art. 2 della Costituzione, rappresentano […] i valori di riferimento». Inoltre,
               si può qui segnalare come la recentissima l. 21 aprile  2023, n. 49, recante Disposizioni in materia di
               equo compenso  delle prestazioni professionali,  ponga il canone della proporzionalità a base della stessa

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