Page 61 - Giovanni Romano, Gianni Capobianco - Crediti professionali e procedure concorsuali. Riflessioni in tema di autonomia negoziale e regolazione della crisi d’impresa
P. 61

IANUS n. 29-2024                       ISSN 1974-9805





               prospettiva sopra  delineata  consente di  trattare in  maniera  decisamente più
               adeguata di quanto fatto dalla commentata giurisprudenza i principali rischi a più
               riprese sottolineati in dottrina 203 . In particolare, una volta che ci si ponga secondo
               detta prospettiva, solo apparente dovrà considerarsi la distonia, ancora da ultimo
               segnalata, tra le «rigorose e limitative condizioni» ora sancite con riguardo «al
               riconoscimento  della  prededucibilità»  e  la  «generale  protezione»  invece
               riconosciuta «ai pagamenti eseguiti dal debitore in crisi per ottenere [i pertinenti]
                                   204
               servizi professionali» : infatti, riempiendo del giusto senso l’interpretazione delle
               clausole  generali  che  a  tutt’oggi  strutturano  la  fattispecie  d’esenzione  da
               revocatoria,  può  giungersi  a  neutralizzare  il  rischio  che  la  protezione
               astrattamente offerta all’atto  solutorio  finisca per  operare  alla  stregua  di  un
               lasciapassare di contegni negoziali e/o post-negoziali “ingiusti” e/o “irrazionali”
               rispetto allo scopo d’interesse generale 205 .
                  Premesso allora che, secondo quanto di recente ben messo in evidenza da alcuni
               autori, la prospettiva della “causa concreta” può innanzitutto – e naturalmente –
               interessare profili di  struttura del negozio, determinando l’invalidità  di  quelle
               clausole con essa radicalmente “dissonanti” 206 , ma poi anche costituire l’elastico


                  203  E cioè, innanzitutto, la possibilità che il compenso del professionista risulti complessivamente
               sproporzionato perché basato su soli parametri di valore della prestazione e, secondariamente, che
               il  pagamento conseguito finisca per  assorbire significativa  parte  dell’attivo o,  comunque, risulti
               ingiustificato,  sotto  il  profilo  dell’adeguatezza  e  della  proporzione,  tanto  rispetto  all’opera
               effettivamente prestata, quanto con riguardo alla pur sempre necessaria correlazione allo scopo di
               regolazione della crisi del debitore. Al riguardo, cfr. ancora LIMITONE,  Art. 67, cit., 862; LIMITONE
               - REBECCA, Revocatoria concorsuale, cit., 973; GALLETTI,  Non si vive, cit., 30.
                  204  Così PECORARO, Art. 6, in SANTANGELI  (a cura di), Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza,
               Milano, 2023, 43, ritenendo che l’asimmetria tra il testo delle due norme potrebbe consolidare nella
               prassi  «una  richiesta  da  parte  del  professionista di  un  pagamento  quantomeno  contestuale
               all’erogazione del servizio, con effetti distonici da non trascurare».
                  205  E sono proprio le clausole generali – notiamo en passant – che tipicamente (ancorché spesso
               problematicamente)  costituiscono il  congegno  normativo  per  il  cui  tramite  la  connotazione
               decisamente “regolatoria” del contemporaneo diritto contrattuale viene in concreto realizzandosi,
               sì da costituire l’elastico crocevia in cui il tradizionale problema del rapporto tra Stato e cittadino –
               e, quindi, la sempiterna tensione tra “autorità” e “libertà” – trovasi oggi per l’appunto mediato da
               una  conformazione dell’autonomia privata  pensata in  funzione del perseguimento di  interessi
               generali. Cfr., ex plurimis, SIRENA,  Autonomia  privata, cit.,  524;  CAPPELLI, Contratto  e principio dello
               sviluppo sostenibile.  Il caso degli Energy Performance Contracts, in Riv. quadr. dir. amb., 2019, 37.
                  206  Ed è il caso, in particolare, della clausola sul compenso “a forfait” secondo il decisum di Cass.,
               30 marzo 2018, n. 7974, cit., che ha dichiarato la nullità parziale del contratto d’opera professionale
               per aver trovato «dissona[nte] con la causa concreta che ispira l’intera pattuizione negoziale»  la clausola
               che  sanciva  il  diritto  del professionista ad  incamerare  l’intero  onorario a  seguito del  semplice
               deposito della domanda di concordato “in bianco”, a prescindere dal compimento della complessiva
               opera di assistenza dedotta ad oggetto delle proprie obbligazioni; pattuizione che la Suprema Corte
               ha  detto  invalida  rileggendo  il  principio  di  «imprescindibile  correlazione  fra  prestazione  e
               corrispettivo» di cui all’art. 2233 c.c., c. 2, c.c.,  proprio alla luce della «causa concreta del contratto»
               in quanto rivolto a perseguire la «composizione della crisi» tramite lo «svolgimento  di una complessa
               attività professionale da compiersi nella fase preparatoria e nel corso dell’intera procedura concordataria», sì da
               tradurre i meri «intenti  risanatori dell’imprenditore»  in un’«attività risanatoria» oggettivamente capace

                                                   221
   56   57   58   59   60   61   62   63   64   65   66