Page 57 - Giovanni Romano, Gianni Capobianco - Crediti professionali e procedure concorsuali. Riflessioni in tema di autonomia negoziale e regolazione della crisi d’impresa
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IANUS n. 29-2024                       ISSN 1974-9805





               capacità  già  di  questa prima  dimensione  (se vuol  dirsi:  “sostanziale”) della
               “causa” ai  fini  di  un  decisivo arricchimento  teleologico della  cooperazione
               demandata al professionista: egli, nel contrattare col debitore “in crisi”, non potrà
               non  tener conto, pena la  reazione  dell’ordinamento giuridico,  della rilevante
               modificazione dei principi  – essi stessi, in verità, già  in certo senso muniti di
               preminente rilievo “organizzativo” – attinenti alla gestione e alla  circolazione
                                                                                        189
               delle risorse (ormai per vero solo formalmente di esclusiva pertinenza) di questi .
                  Così che il riconoscere, sullo sfondo del graduale estrinsecarsi della funzione
               di regolazione della crisi, una razionalità sistemica che, in termini oggettivi, si
               determina nei  servigi che  si scambiano e  nella  ricchezza  – prospetticamente
               “collettiva” – contro cui si scambiano, consente di avvedersi di come, a cospetto
               di  questo  incedere,  non  vi  sia  affatto  un  nuovo  “quid”  (=  il  “contratto
               professionale prodromico  all’accesso  ad  uno  strumento di  regolazione  della
               crisi”)  che,  mercé  l’intermediazione  del  provvedimento  giudiziale,  debba
               necessariamente giungere a  prendere il posto del “quid” precedente, ma vi è,
               invece, sempre il medesimo “quid” (= il contratto d’opera intellettuale tra debitore
               e professionista) che viene scrutinato sulla base di un parametro più esteso della
               mera razionalità economica dello scambio bilaterale 190 .



               ultima richiamata  da quella della causa quale funzione “economico-individuale” che, invece, fu
               propria di G.B. FERRI, Causa e tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1968.
                  189   Il  che,  a  ben vedere, è argomentabile proprio  muovendo da quei “principi  generali” –  a
               cominciare da quelli di buona fede e correttezza – ora oggetto d’una “codificazione” qui non certo
               priva  di rilevanza, atteso che sulla posizione del professionista – qualificato “creditore di parte” –
               non  potrebbe  che  aversi  sicura  rifrazione  dei  canoni  d’una  gestione  –  quella  dello  stesso
               imprenditore committente – di per sé già “funzionalizzata” alla considerazione di interessi “altri”
               [arg.  ex  art.  4,  c.  2,  lett.  c),  c.c.i.i.]:  cfr.  GALLETTI,  Il  contratto,  cit.,  891  ss.;  FABIANI,  Effetti
               dell’autonomia,  cit.,  3.  Nella  dottrina civilistica,  per  la  sottolineatura dell’orientamento che nella
               buona fede ormai scorge non solo più una mera fonte d’integrazione del contratto, bensì – ed anzi
               soprattutto – un limite  all’autonomia privata,  operando quale «strumento di controllo […]  della
               congruità causale del  contratto»,  cfr.  IZZI, Nuovi  orientamenti  giurisprudenziali  in  tema  di  causa del
               contratto,  in Riv. dir. comm.,  2007, I,  506 ss. Cfr., inoltre, FRANCO, La disputa intorno alla distinzione
               tra obbligazioni di mezzi e di risultato si rinnova: dalla dogmatica al nesso di causalità. L’“esatto” adempimento
               e gli obblighi di protezione,  in Rass. dir. civ., 2022, 92 ss., spec. 122 ss., a parer del quale, con riguardo
               alle  obbligazioni  professionali,  si  starebbe  assistendo  ad una  ricollocazione  giurisprudenziale
               dell’interesse  del  creditore  al  conseguimento  del  risultato  della  prestazione  «“al  di  fuori”
               dell’obbligazione,  ma  “nella”  la  causa  del  contratto», con  conseguente  esaltazione  tanto  della
               tematica degli obblighi di protezione, quanto dei servigi interpretativi che proprio  la  buona fede
               appare capace di rendere nella prospettiva della «realizzazione “esatta” del complessivo assetto di
               interessi sotteso all’obbligazione».
                  190  Cfr., attorno alla necessità d’individuare con sufficiente precisione il «concetto di razionalità»,
               di  per  sé «metagiuridico e  relativo»,  sì  da poterlo effettivamente elevare a  «termine di  giudizio
               obiettivo», STEFANELLI,  La parabola della causa, in Pers. merc.,  2014,  229 ss., ove, tra le altre cose,
               viene  sottolineato l’utile  servigio  che,  nell’ambito  delle riflessioni  sulla  “causa  concreta”,  può
               rendere  il  riferimento  «al  contesto interpretativo  dell’operazione  [economica]»,  ove  il  richiamo,
               naturalmente, va agli studi di GABRIELLI, ora raccolti in “Operazione economica”  e teoria del contratto,
               Milano, 2013; ID.,  Studi sui contratti,  Huérfanos, 2023, 531 ss.; e cfr.,  quanto alla materia che qui

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