Page 7 - Ugo Pagano - Privatizzazione della conoscenza e creazione d’intangibili
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IANUS n. 27-2023 ISSN 1974-9805
dell’organizzazione del lavoro sotto il capitalismo. TAYLOR si rese conto che il
sistema di gestione tradizionale non era adatto a controllare i lavoratori. La
gestione tradizionale si basava sulla conoscenza dei lavoratori, nel senso che i
dirigenti credevano che i lavoratori sapessero meglio di loro come svolgere il
proprio lavoro. Gli operai potevano così lavorare meno di quanto i proprietari
delle imprese desiderassero sostenendo che era necessario un certo tempo per
svolgere un certo lavoro. A causa della situazione di “informazione asimmetrica”,
esistente nella gestione tradizionale i manager non avevano la possibilità di
contestare questo tipo di affermazioni. TAYLOR indicò come soluzione a questo
problema un capovolgimento delle asimmetrie informative esistenti: i manager (e
non i lavoratori) dovevano sapere come eseguire al meglio i lavori, pianificare
come eseguirli e dare ai lavoratori istruzioni dettagliate sulle loro modalità di
esecuzione. Solo acquisendo il monopolio della conoscenza del processo
lavorativo i dirigenti potevano invertire questa situazione di informazione
asimmetrica e controllare lo sforzo dei lavoratori.
BRAVERMAN riassume il contenuto del taylorismo in tre diversi principi. Il
primo principio consiste nella dissociazione del processo lavorativo dalle
competenze dei lavoratori. I manager devono raccogliere tutte le conoscenze
tradizionali che in passato sono state possedute dagli operai e quindi
classificare, tabulare e ridurre queste conoscenze a regole, leggi, e formule. Il
secondo nella separazione della pianificazione del processo produttivo dalla sua
esecuzione. Una volta impossessatosi delle conoscenze tradizionali i manager
possono progettare il processo produttivo indipendentemente dai suoi futuri
esecutori. Il terzo principio consiste nell’uso di questo monopolio del processo
produttivo per controllare ogni fase del processo produttivo e del suo modo di
esecuzione.
Alle modalità organizzative finalizzate alla espropriazione e alla
monopolizzazione della conoscenza si accompagnò una battaglia legale sulla
sua proprietà. Catherine FISK divide questa battaglia in tre diverse fasi. Nella
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prima fase che va dal 1800 al 1860, le corti inglesi ritennero che i lavoratori non
avessero alcuna responsabilità fiduciaria nei confronti delle imprese dove erano
stati impiegati. I segreti industriali erano considerati un residuo del mondo
feudale che interferiva con la libertà inalienabile dei lavoratori di poter sfruttare
dove essi volessero le conoscenze che avevano acquisito. Successivamente, nel
periodo compreso tra il 1860 e il 1890, l’approccio cominciò a cambiare. Venne
resa possibile la scrittura di contratti che impedivano ai lavoratori di sfruttare le
conoscenze segrete in imprese diverse da quella dove essere erano state
acquisite. Infine, a partire dal 1890, le sentenze cominciarono a considerare la
violazione dei segreti industriali e commerciali come una appropriazione
indebita esplicitamente vietata dal contratto di lavoro. In questo modo, i
6 FISK, Working Knowledge: Employee Innovation and the Rise of Corporate Intellectual Property, 1800-
1930, Oxford, 2009.
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