Page 15 - Francesco Denozza - I beni intangibili e i problemi della mercificazione
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IANUS n. 27-2023 ISSN 1974-9805
di fungere da incentivi, e anche da fonti di finanziamento, per la ricerca di ulteriori
invenzioni.
Ammesso che la scelta di mettere il destino dell’innovazione e dello sviluppo
nelle mani di meccanismi puramente privati e mercantili sia effettivamente una
scelta saggia, un rilevante problema comunque si pone. Questa filosofia
dell’incentivazione tramite riconoscimento di monopoli (filosofia che negli ultimi
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decenni ha finito per permeare anche tutto il diritto antitrust ) è in grado di
produrre una sensata teoria che possa guidare le scelte politiche, e giuridiche, di
legislatori e interpreti?
Volendo partire da un’osservazione strettamente teorica, si potrebbe anzitutto
rilevare una certa contraddittorietà presente nel tentativo di stimolare una
concorrenza dinamica, proiettata verso il futuro e l’innovazione, ricorrendo ad
un tipico strumento della concorrenza statica, quale è la rendita di monopolio.
Su un piano più concreto, rilevanti problemi nascono anzitutto dal fatto che
non esiste nessuna possibilità di misurare, neanche approssimativamente, i costi
e i benefici delle singole scelte con cui si decide di aumentare, o diminuire, la
protezione legale di cui godono i titolari dei brevetti . Ciò dipende anzitutto
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dall’impossibilità di misurare i vantaggi delle maggiori innovazioni che si spera
possano conseguire all’ aumento dell’incentivo, maggiori innovazioni la cui entità
e qualità è ovviamente del tutto incerta. Ancor meno è possibile confrontare
questi, ipotetici, vantaggi, con gli svantaggi in termini di riduzione della
concorrenza statica, di creazione di situazioni monopolistiche e di conseguenti
aumenti dei prezzi, che possono conseguire ad un potenziamento dei diritti dei
titolari di brevetto .
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Un’osservazione più radicale ci dice che in fondo non è neanche possibile
presumere che alla concessione di maggiori diritti ai titolari di brevetti consegua
necessariamente un qualche, pur non misurabile, ma comunque sicuramente
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positivo, aumento dell’innovazione . Non è infatti per nulla dimostrato che esista
29 Sulla evoluzione del diritto antitrust in epoca neoliberale (l’ultimo mezzo secolo, all’incirca)
cfr. DENOZZA, Consumer welfare e shareholder value: due teorie neoliberali al tramonto?, di prossima
pubblicazione in Orizz. dir. comm.
30 Il problema di cui mi occupo in prosieguo nel testo viene in genere trattato dagli economisti
dal punto di vista del c.d. allineamento tra il compenso accordato all’inventore e il contributo
ricevuto dalla società., cfr. ad es. SHAPIRO, Patent Reform: Aligning Reward and Contribution, NBER,
Working Paper No. 13141, 2007; SCOTT MORTON - C. SHAPIRO, Patent Assertions: Are We Any Closer
to Aligning Reward to Contribution?, in 16 Innov. Policy Econ., 2016, 89.
31 Anche nelle più rigide impostazioni “schumpeteriane”, e anche a volere privilegiare il solo
punto di vista dell’incentivo alla innovazione (lasciando quindi da parte altre importanti questioni
a cominciare da quelle distributive), gli effetti positivi sull’innovazione che possono essere prodotti
dalla protezione ( tramite brevetti o in altro modo) dell’impresa innovatrice dalla concorrenza,
devono essere confrontati con gli effetti positivi che, sempre sull’innovazione, possono essere
prodotti da una intensa concorrenza. Cfr. AGHION, Innovation and Growth from a Schumpeterian
Perspective, in 128 Rev. Econ. Polit, 2018, 693.
32 Il punto è vigorosamente sottolineato da DOSI et al., The Role of Intellectual Property Rights, quando
rilevano che «Most broadly, the link between stronger IPR and innovation is ambiguous at best».
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