Page 44 - Luca Collura - L'eredità digitale: il problema della successione nell'account - IANUS: Diritto e Finanza - Quaderni 2023
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LUCA COLLURA
Vale allora la pena chiedersi, ora che il quadro è molto più chiaro, se l’account in
senso stretto debba essere considerato, richiamando la tesi supra ritenuta preferibile,
un contrassegno o un titolo di legittimazione, di modo da comprendere se il possesso
delle credenziali di accesso sia circostanza di per sé legittimante a pretendere
l’adempimento della prestazione da parte della piattaforma o solo a richiederla.
In tal senso è a mio avviso più condivisibile la soluzione per cui il connubio di
ID utente e password rappresenti un contrassegno di legittimazione e, pertanto, non
legittimi chiunque ne sia in possesso, magari addirittura senza titolo (possideo quia
possideo), a pretendere l’esecuzione della prestazione da parte della piattaforma e,
conseguentemente, ad usufruire liberamente del servizio senza che la stessa possa
eccepire alcunché. È mia opinione, infatti, che nell’ambito di un rapporto
contrattuale come quello tra piattaforma digitale ed utente sia più che legittima per
la prima, a fronte della richiesta di usufruire del servizio, chiedere a chi domandi la
prestazione di comprovare di essere l’effettivo creditore. Nessun ostacolo, pertanto,
vedrei acché la piattaforma, oltre all’inserimento delle credenziali, richiedesse
all’utente anche di inserire un ulteriore elemento necessario alla sua individuazione
come creditore, per esempio una OTP appositamente inviata, di volta in volta, dalla
piattaforma ad un altro dispositivo precedentemente indicato dall’utente o
l’inserimento della propria impronta digitale.
A questa conclusione spingono, a mio avviso, almeno due ragioni.
La prima deriva dalla valutazione per cui, diversamente da altri rapporti che
prevedono di regola l’emissione di un documento di legittimazione, in quel caso
qualificabile come titolo di legittimazione, come per esempio il contratto di
somministrazione tra cliente e gestore di una sala cinematografica avente ad
oggetto – almeno atecnicamente – la proiezione di un film, nell’ambito dei quali il
fatto che a godere della prestazione non sia l’effettivo creditore ma un altro
soggetto, anche se non legittimato, non è fonte di particolare nocumento per il
creditore vero (che, al più, nell’esempio fatto, si troverà a perdere “il prezzo del
biglietto”), nel caso oggetto del presente studio, il permettere l’accesso al servizio
digitale da parte di un soggetto diverso dal titolare del rapporto contrattuale
potrebbe essere eccome fonte di enormi danni per il predetto. Si pensi banalmente
all’utilizzo non autorizzato della pagina Facebook di un noto hotel di lusso da parte
di un concorrente, che, nel periodo in cui riesca ad accedere, utilizzi quella pagina
per distruggere la reputazione della struttura ricettiva (per es., pubblicando dei
contenuti appositamente creati per far apparire che il personale viene sfruttato e
sottopagato o che una buona parte dei guadagni dell’attività economica esercitata
finisce a finanziare il traffico internazionale di esseri umani o che il cibo servito nel
prestazione – se non, addirittura, della sua posizione contrattuale di somministrato, seppur la
cessione del contratto richieda anche il consenso del contraente ceduto –, in cui la consegna del
biglietto altro non è che un adempimento necessario per permettere al donatario di assistere alla
proiezione). Non credo, pertanto, che sia possibile sostenere che, alla morte di Tizio, il suo diritto
ad assistere al film si estingua e il biglietto diventi carta straccia su cui, e per mezzo della quale, i
suoi eredi non possono vantare alcun diritto.
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