Page 29 - Giovanni Romano, Gianni Capobianco - Crediti professionali e procedure concorsuali. Riflessioni in tema di autonomia negoziale e regolazione della crisi d’impresa
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IANUS n. 29-2024                       ISSN 1974-9805





               funzionale propria della procedura concorsuale, dalla “causa” stessa del concordato
               preventivo, costrutto concettuale ritenuto capace d’innervare d’adeguato senso
               relazionale la clausola generale della “funzionalità” e poi di definire, una volta
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               declinato nella  sua  dimensione “concreta” , la  corretta portata  del  giudizio
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               sull’“utilità” (ex ante) della prestazione professionale ingaggiata dal debitore .
                  Ricostruito  su  queste  basi  il  sistema  della  prededuzione  del  credito
               professionale, le sez. un. sono poi giunte – quasi naturaliter – a ritenere che ad
               orientare l’immagine in  senso inverso non  potrebbe valere la  (per vero solo)
               «limitata simmetria» ravvisabile tra la “strumentalità” di cui è parola nell’art. 67,
               c. 1, lett. g) e la “funzionalità” rilevante per l’art. 111, c. 2, l. fall. ; simmetria che,
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               anzi,  intanto potrebbe predicarsi in  quanto essa pur sempre sia apprezzata in
               ragione  della  medesima  prospettiva  di  finalistica  inerenza  dell’apporto
               professionale alla causa concordati. Per la Suprema Corte, infatti, i criteri connettivi
               istituiti  dalle  due  norme  configurerebbero  altrettanti  schemi  relazionali  di
               necessità riposanti sull’avvenuta acquisizione di una prestazione correlata non
               già,  meramente, con il  patrimonio del  debitore alla  stregua, cioè,  di  atto di
               programmazione dell’impresa solo astrattamente strumentale al suo risanamento,
               bensì, propriamente, «con una procedura concorsuale prevista dalla legge [e con]
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               le sue […] finalità istituzionali» . E, nel necessario realizzarsi di tale progressione,
               sarebbe pur sempre il decreto di ammissione a segnare il fondamentale, quanto
               ineludibile, spartiacque – potrebbe dirsi – tra “causa” e “motivo”, atteso che, in
               assenza di tale elemento di  positivo riscontro giudiziale,  la  questione circa la
               strumentale adeguatezza dell’opus professionale sarebbe inevitabilmente destinata




                  93  Riferimento che, come noto, è da farsi innanzitutto risalire a Cass., sez. un., 23 gennaio 2013,
               n. 1521, in effetti richiamata dalle sez. un. di fine 2021.  In argomento, per tutti, AA.VV.,  Seminario
               a commento di Cass., S.U., 23 gennaio 2013, n. 1521, in Giur. comm., 2014, I, 215 ss.
                  94   È  proprio  nel  connubio di  “causa concreta”  e rilevanza  della  dimensione organizzativo-
               finalistica propria della procedura concordataria, che, nella ricostruzione operata dalle sez. un., pare
               trovare spiegazione il concorso tra il significativo potere di verifica rilasciato al giudice del merito
               (cfr. NARDECCHIA, La prededuzione secondo le Sezioni Unite, cit., 371) e il convincimento che, a monte,
               il  conseguimento del rango prededuttivo abbia  in  ogni  caso  a  dipendere «dal  raggiungimento
               dell’obiettivo procedurale in funzione del quale [il professionista ha] prestato la propria opera» (così

               già NAPOLITANO,  La prededuzione, cit., 18).
                  95  Secondo la sentenza «sostenere infatti che se i crediti sorti per ottenere servizi professionali
               strumentali all’accesso al concordato vanno esenti da revocatoria ai sensi dell’art. 67 co. 3 lett. g)
               l.f.  vuol  dire  che  quegli  stessi  crediti,  ove  impagati,  diventano prededucibili  nel  successivo
               fallimento, a prescindere dall’apertura del concordato, appare il frutto di una petizione di principio».
                  96  Per le sez. un., infatti, neanche sul terreno dell’esenzione dalla revocatoria potrebbe eludersi
               «il confronto con la stabilizzazione degli effetti del concordato, limitando il perimetro della clausola
               generale al mero contributo dato dalla prestazione del terzo all’accesso in sé»;  così come neppure
               sarebbe corretto rimettere la  considerazione di eventuali «vizi  che  hanno minato  l’iniziativa  di
               risanamento  e  l’ascrivibilità  degli  stessi  alla  prestazione  del  creditore  ad  una  indagine  circa
               l’esattezza dell’adempimento», trattandosi di un «piano del tutto diverso rispetto a quello della mera
               funzionalità».

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