Page 55 - Giovanni Romano, Gianni Capobianco - Crediti professionali e procedure concorsuali. Riflessioni in tema di autonomia negoziale e regolazione della crisi d’impresa
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IANUS n. 29-2024 ISSN 1974-9805
Insolvenzverfahren an sich, e, dal piano della procedura – e della causa concordati –,
ritornare al piano del negozio 182 , donde poi proceder da qui a dar rilievo alla
dimensione innanzitutto – e per così dire – “civilistica” della funzione di
regolazione della crisi 183 , e, dunque, ai suoi possibili riflessi sulla stessa causa
contractus 184 ; e ciò al fine precipuo di ricostruire, in accordo alle norme e nel
rispetto dei valori tutti del sistema, una ragionevole progressione (se si vuole,
idealmente: strumentalità all’accesso – funzionalità – occasionalità) nello sviluppo del
rapporto che si dà (rectius, può darsi) tra dimensione negoziale e dimensione
organizzativo-procedimentale di tale funzione e dei relativi riflessi – allora
necessariamente diversificati – sui singoli “atti-momenti” per il cui tramite essa
professionista perché la di lui prestazione possa considerarsi correttamente adempiuta, bensì
considerata, piuttosto, quale requisito procedurale d’integrazione della “causa” del concordato (cfr.
supra, nt. 123), ci pare però che una tale constatazione, anziché chiudere, valga, tutt’al contrario, ad
aprire uno spazio problematico entro cui riconoscere che, proprio per far posto all’elemento della
causa sul piano della propugnata concezione procedimentale, sì da indefettibilmente ancorare
all’“atto-momento” del provvedimento giudiziale quell’utilitas unicamente considerata in grado di
mutare in melius il trattamento distributivo del credito professionale, la Suprema Corte si periti a
“spingere in avanti” (quasi a voler sgombrare il campo da ogni equivoco, ma proprio con ciò, come
visto, in realtà contribuendo ad alimentarlo ulteriormente) la diversa nozione di “risultato” invece
rilevante entro la sequenza teleologica che, sul piano delle situazioni soggettive di pertinenza del
rapporto obbligatorio individuo, mira a far conseguire al creditore quel quid che invero sempre si
colloca oltre il mero atto del debitore, ma che può appunto porsi come “mezzo” o vvero come
“risultato” a seconda di quale sia il termine finale della serie teleologica presa a riferimento. E ciò,
specificamente, la Suprema Corte fa allorquando afferma che, per giungere a sostenere che quella
del professionista sia un’obbligazione di risultato, occorrerebbe invero postulare che da lui s’esigesse
un quid «pari al successo pieno della procedura»: come se dedotta in obligatione potesse mai essere la
stessa “regolazione della crisi”, la quale, invece, è la funzione normativa che, perseguendo interessi
generali e non potendo perciò esser frustrata dalle determinazioni negoziali e dai comportamenti
dei privati, tali determinazioni e comportamenti giustappunto mira, secondo adeguata progressione,
a “funzionalizzare” ai propri scopi (cfr. infra, nel testo).
182 Cfr. MACARIO, La funzione del contratto nella gestione della crisi: atti di autonomia privata e attività
d’impresa, in Questione giust., 2019, 179 s., 188, che già sollecitava, rispetto all’inveterato habitus di
enfatizzare la «valenza pubblicistica (e, di conseguenza, prevalentemente procedurale)»
dell’esecuzione concorsuale, un “ritorno” alla causa conctractus onde valorizzare la «funzione
effettiva» dell’atto di autonomia privata «nel contesto della crisi d’impresa».
183 Cfr., diffusamente, GALLETTI, Il contratto, cit., passim.
184
Semmai recuperando alla riflessione – sulla scorta dell’insegnamento di Salv. ROMANO,
Introduzione allo studio del procedimento giuridico nel diritto privato, Napoli, (rist.) 2021, 109 ss. – bensì
l’elemento della procedimentalizzazione, ma innanzitutto cogliendolo nella dimensione del relativo
contributo alla comprensione degli «aspetti di rapporto e di collegamento tra procedimenti privati e
rilevanza statuale», ossia nella prospettiva propria del dinamico dispiegarsi dell’autonomia privata
rispetto, da un lato, alla rilevanza dei «moventi collegati con lo scopo» – ciò che appunto acquisisce
rilievo nella dimensione del «procedimento» quale elemento dinamico «che opera come propulsore
di ogni attività verso un risultato» –; e, dall’altro lato, della aderenza alle «regole conformatrici dello
Stato», il quale «con la sua valutazione causale, inizialmente limitata a strutture di atti e negozi,
cioè ad elementi obiettivi, e partendo da questi», poi giunge ad investire «proprio l’intento, come
svolgimento attivo del movente teleologicamente legato al fine, in quanto tradotto in azione e in
risultati (atti, effetti)».
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