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MASSIMO D'AURIA
9. Profili critici del trilemma energetico
Venendo adesso al mercato dell’energia, nemmeno può sottacersi che
rappresentarlo come “governato dai consumatori” costituisce alla prova dei fatti
una descrizione ingenua della realtà. Oltre ad essere fortemente regolamentato,
la catena del valore dell’impresa energetica può essere schematicamente divisa in
tre parti: il mercato all’ingrosso, che include la generazione di energia e il
commercio all’ingrosso; un monopolio naturale, che riguarda la trasmissione
nazionale e la distribuzione locale dell’energia e le relative infrastrutture; la
vendita al dettaglio.
Mentre il mercato all’ingrosso è funestato da pratiche oligopolistiche tra
fornitori apparentemente in competizione su finti mercati d’asta che fissano il
prezzo dell’energia giorno per giorno, nella vendita al dettaglio, i medesimi
players hanno invischiato l’energia nella rete della finanziarizzazione mediante
strumenti derivati che trattano il prezzo di vendita come una componente
finanziaria separata dall’acquisto della materia prima .
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Si tratta, insomma, di prassi produttive che generano la complessiva perdita di
consapevolezza dei cittadini nella scelta delle proprie pratiche energetiche, il che
si scontra inevitabilmente con l’obiettivo della riduzione delle emissioni, specie di
tipo Scope 3, ossia quelle generate dall’uso finale sia per fini produttivi che di
consumo.
Si aggiunga che, sul piano normativo, l’impostazione fondata sul trilemma
energetico non presenta alcuna vocazione costituzionale poiché non opera alcun
bilanciamento tra i vari interessi. Sennonché, sul punto, proprio con specifico
riferimento alla produzione energetica, deve anzitutto osservarsi che il problema
è stato affrontato dal Regolamento UE 2021/1119 – “Normativa europea sul
clima” , che richiama le c.d. garanzie minime di salvaguardia” introdotte
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dall’art. 18 del Reg. UE n. 2020/852 e ulteriormente specificate dalla
Comunicazione della Commissione C/2023/3719. Con la conseguenza che il
37 Si pensi che, per chi lo sostiene in ottica difensiva delle imprese, il trilemma energetico risulta
di meno pronta soluzione rispetto agli impegni di Parigi dato che gli obiettivi di decarbonizzazione
al 2030 richiedono tassi di riduzione delle emissioni più alti di prima. I prezzi dell’energia hanno
già raggiunto livelli tali da rappresentare una minaccia esistenziale per la competitività dell’industria
europea. Perciò, anche in un periodo di congiuntura negativa, Eni registra 7 miliardi di utili nel
primo semestre, ossia sei in più rispetto allo stesso periodo del 2021, traendo vantaggio
dall’inflazione. Ciò che non si dice, però, è attraverso l’utilizzo i contratti finanziari derivati
sull’energia, l’approvvigionamento o la vendita del bene (gas o energia) risulta svincolato dal prezzo
al quale lo si acquista o vende. Si tratta di una pratica che neutralizza la capacità del prezzo di porsi
quale leva funzionale alla decarbonizzazione.
38 A tenore del considerando n. 11 si legge che “Vista l’importanza della produzione e del consumo di
energia per il livello di emissioni di gas a effetto serra, è indispensabile realizzare la transizione verso un sistema
energetico sicuro, sostenibile e a prezzi accessibili, basato sulla diffusione delle energie rinnovabili, su un mercato
interno dell’energia ben funzionante e sul miglioramento dell’efficienza energetica, riducendo nel contempo la
povertà energetica. Anche la trasformazione digitale, l’innovazione tecnologica, la ricerca e lo sviluppo sono
fattori importanti per conseguire l’obiettivo della neutralità climatica”.
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