Page 32 - IANUS Diritto e finanza - Rivista semestrale di studi giuridici - N. 29 - giugno 2024 - Il diritto alla sostenibilità: strumenti giuridici della transizione ecologica
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MASSIMO D'AURIA





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               dai rischi di impatto sociale e ambientale (artt. 7 – 8 dir.) .
                  Tanto l’adozione che l’attuazione del Piano di transizione sono, infatti, rivolti
               “a  garantire,  con  il  massimo  impegno  possibile,  la  compatibilità  del  modello  e  della
               strategia aziendali della società con la transizione verso un'economia sostenibile e con la
               limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C in linea con l'accordo di Parigi.” (art. 1° co.
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               lett. c) ” (…) “nonché l'obiettivo di conseguire la neutralità climatica come stabilito nel
               regolamento (UE) 2021/1119, compresi i suoi obiettivi intermedi e di neutralità climatica
               al 2050, e, se del caso, l'esposizione della società ad attività connesse al carbone, al petrolio
               e al gas.” (art. 15 dir.).
                  Secondo  un  modello  usuale  nella  sintassi  europea,  la  direttiva  ha
               predeterminato il contenuto obbligatorio del piano di transizione, a mente del
               quale l’impresa dovrà definire:
                  “(a) obiettivi temporali relativi ai cambiamenti climatici per il 2030 e in fasi
               quinquennali  fino  al  2050,  basati  su  prove  scientifiche  conclusive  e
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               comprendenti , se del caso, obiettivi assoluti di riduzione delle emissioni di gas a
               effetto  serra  dell'ambito  scope  1,  scope  2  e  scope  3  per  ciascuna  categoria


                  45  Nel considerando n. 50 si osserva che il contenuto del piano di transizione per la mitigazione
               dei cambiamenti climatici dovrebbe essere in linea con gli obblighi di rendicontazione previsti dalla
               Direttiva  2013/34/UE  per  quanto  riguarda  la  rendicontazione  di  sostenibilità  delle  imprese,  si
               dovrebbe ritenere che le imprese che rendicontano tale piano ai sensi della Direttiva 2013/34/UE
               abbiano rispettato l'obbligo specifico di adottare un piano ai sensi della presente Direttiva. Perciò,
               le società che presentano un piano di transizione per la mitigazione dei cambiamenti climatici ai
               sensi  dell'articolo  19  bis,  29  bis  o  40  bis,  a  seconda  dei  casi,  della  direttiva  2013/34/UE  del
               Parlamento europeo e del Consiglio sono considerate conformi all'obbligo di adozione di cui al
               paragrafo  1  del  presente  articolo.  Le  società  che  sono  incluse  nel  piano  di  transizione  per  la
               mitigazione dei cambiamenti climatici della loro impresa madre, segnalata ai sensi dell'articolo 29
               o 40 bis, a seconda dei casi, della direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, si
               ritiene che abbia soddisfatto il requisito di adozione di cui al paragrafo 1.
                  46  È significativo che il documento presentato dal Coreper n. 6533/22 ove pure si registrava
               l’autonomizzazione del capitolo relativo alla lotta ai cambiamenti climatici, si esprime in termini
               più  blandi,  nel  senso  che  la  direttiva avrebbe  posto  “obblighi di  adottare  un  piano  per  garantire  la
               compatibilità del modello di business e della strategia della società con la transizione a un'economia sostenibile
               e con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5 ºC.
                  47  I piani dovrebbero sviluppare azioni di implementazione per raggiungere gli obiettivi climatici
               dell'azienda  e  basarsi su prove scientifiche conclusive, ovvero prove con validazione scientifica
               indipendente che siano coerenti con la limitazione del riscaldamento globale a 1,5°C come definito
               dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico (IPCC) e tenendo conto delle
               raccomandazioni del Comitato scientifico consultivo europeo sul cambiamento climatico. Si tratta
               di un aspetto significativo sia perché impone alle imprese di ragguagliare il contenuto dei piani alla
               c.d. riserva di scienza, sia anche perché si supera così l’attacco frontale diretto a detta riserva come
               strumento di rinvio mobile per la definizione del contenuto concreto della disciplina normativa
               perpetrato dalle difese degli Stati e delle imprese nell’ambito dei giudizi, sul presupposto che non si
               possa trattarli  alla  stregua  di fonti  del  diritto.  In  tema  v.  M.  F.  CAVALCANTI,  Fonti  del  diritto  e
               cambiamento climatico: il ruolo dei dati tecnico – scientifici nella giustizia climatica in Europa, in DPCE
               online,  sSp  -  2/2023,  p.  329  ss.;  M.  CARDUCCI,  La  ricerca  dei  caratteri  differenziali  della  giustizia
               climatica, ibid., 2/2020, p. 1345 ss.; S. BALDIN e P. VIOLA, L’obbligazione climatica nelle aule giudiziarie.
               Teorie ed elementi determinanti di giustizia climatica, ibid., 3/2021, p. 612.

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