Page 75 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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IANUS n. 26-2022 ISSN 1974-9805
dalle condizioni contrattuali deteriori che il fideiussore non avrebbe accettato in
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mancanza della intesa» .
A sostegno dei forti dubbi che si nutrono circa la correttezza delle
argomentazioni addotte a sostegno della natura derivata della nullità del contratto
a valle, in quanto sbocco dell’intesa anticoncorrenziale vietata, si rileva quanto
segue: anzitutto appare non sostenibile la tesi della nullità del contratto “a valle”
per violazione di norma imperativa ex art. 1418 co.1 cc.; infatti, affinché possa
affermarsi la nullità negoziale per violazione di norme poste a presidio di interessi
generali, e, perciò, inderogabili dall’autonomia privata, è necessario che dette
norme disciplinino direttamente elementi intrinseci alla fattispecie negoziale o
che quantomeno vietino direttamente una determinata negoziazione.
Ebbene, se si condivide quanto innanzi è agevole rilevare che la proibizione
dettata dalla Legge Antitrust non condanna in maniera diretta il contenuto degli
atti negoziali “a valle”, bensì condanna esclusivamente un comportamento che si
pone a monte di questi atti. Coerentemente, la sanzione della nullità prevista
dall’art. 33 L. 287/90, riguarda esclusivamente le intese restrittive tra imprese,
mentre nulla dice riguardo ai contratti che, sulla base di dette intese, siano stati
conclusi con terzi. Di conseguenza estendere a questi ultimi l’effetto demolitorio
della nullità equivale a creare, in via interpretativa, ope iudicis, una norma
proibitiva/imperativa non scritta che estenda ai contratti a valle un divieto
espresso esplicitamente solo nei confronti delle “intese” a monte di essi, con
buona pace della certezza del diritto e dei principi generali del nostro ordinamento
che pongono la nullità negoziale quale eccezionale rimedio all’esercizio
dell’autonomia privata.
Né vale a superare le considerazioni critiche fin qui sviluppate l’argomentazione
ricorrente secondo cui nella fattispecie sarebbe configurabile una ipotesi di c.d.
nullità derivata, in quanto il contratto finale tra imprenditore ed utente, costituirebbe il
compimento il cd. sbocco dell’intesa anti-competitiva tra imprenditori, rappresentandone
la sua realizzazione finale, sul presupposto di uno strettissimo collegamento tra l’intesa
restrittiva a monte ed il contratto a valle.
Orbene sul punto è agevole replicare che, ai fini della configurabilità di un
collegamento negoziale in senso tecnico debbono ricorrere sia il requisito
oggettivo (costituito dal nesso teleologico tra i negozi), sia il requisito soggettivo
(costituito dal comune intento delle parti di volere il coordinamento tra i negozi,
per la realizzazione di un fine ulteriore). Dunque, è necessaria l’identità soggettiva
17 La stessa giurisprudenza della Suprema Corte (Cass., sez. III, 11 giugno 2003, n. 9384, in
Giust. civ., 2004, I, 2755) aveva, d’altra parte, sancito che «dalla declaratoria di nullità di una intesa tra
imprese per lesione della libera concorrenza, emessa dall’Autorità antitrust ai sensi dell’art. 2 l. n. 287 del 1990,
non discende automaticamente la nullità di tutti i contratti posti in essere dalle imprese aderenti all’intesa, i
quali mantengono la loro validità e possono dar luogo solo ad azione di risarcimento danni nei confronti delle
imprese da parte dei clienti» (Analogamente: Cass., sez. I, 9 dicembre 2002, n. 17475, in Riv. dir. comm.,
2003, II, 325; T.A.R. Lazio, sez. I, 10 marzo 2003, n. 1790, in Foro amm. T.A.R., 2003, 906 ss.; Trib.
Torino, 16 ottobre 1997, in Banca borsa tit. cred., 2001, II, 87).
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