Page 77 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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IANUS n. 26-2022 ISSN 1974-9805
contratto ed in presenza di una asimmetria di potere negoziale tra le parti, laddove
la deroga imposta dal predisponente, ben lungi dal rispondere ad una maggiore
razionalizzazione dell’attività contrattuale, od a ragioni obiettive, abbia, quale
solo fine, quello di alterare ingiustificatamente l’equilibrio del contratto a
vantaggio esclusivo di tale contraente, esprimendo così, di per sé, da un lato, una
lesione della altrui libertà contrattuale, dall’altro un abuso della autonomia
privata.
Nella ricorrenza di tali ipotesi, infatti, il giudizio sulla convenienza/sconvenienza
del contratto, è solo in teoria di spettanza delle parti, in realtà esso è negato al non
predisponente specie laddove il bene e/o il servizio oggetto del contratto non può
essere da questi acquisito sul mercato con apprezzabili offerte alternative, in
termini di disciplina del rapporto negoziale.
E, così, appare invero irrealistico e non conforme ai principi generali del nostro
sistema giuridico sostenere l’insindacabilità da parte del giudice del contenuto del
contratto sulla base della considerazione, elevata quasi a postulato, che essendosi
le parti accordate per derogare al diritto dispositivo, il giudizio circa la
convenienza o meno del contratto «rimane,…, di spettanza pressoché esclusiva
delle parti e ciò implica che il giudice di fronte a diritti disponibili deve rimanere
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imparziale» .
È evidente, infatti, che una tale conclusione sarebbe forse accettabile solo se la
parte non predisponente fosse addivenuta liberamente, cioè non indotta da una
necessità, alla conclusione del contratto e solo se possa trovare sul mercato offerte
differenziate non solo sotto il profilo economico (che, invero, non appare il più
rilevante) bensì sotto il profilo della regolamentazione del contratto. Ove ciò sia
negato, come è avvenuto per le fideiussioni omnibus di che trattasi, non v’è alcuna
libera determinazione del non predisponente bensì si assiste ad un palese abuso
dell’autonomia contrattuale da parte del predisponente, al quale, come si è
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giustamente affermato, «il giudice è chiamato a porre rimedio» .
Se si condivide quanto sopra e si applicano tali considerazioni alla fattispecie in
questione sembra potersi linearmente dedurre la nullità delle clausole contenute nel
modello ABI ma non già perché sbocco dell’intesa anticoncorrenziale ma perché
esse, in ragione di quell’intesa che non consente offerte differenziate sul mercato, si
risolvono in un esercizio abusivo dell’autonomia negoziale.
L’adozione delle clausole conformi al modello ABI rappresenta, dunque, una
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deroga, da parte della banca predisponente, al diritto dispositivo : deroga
contraria ai canoni di buona fede, quale specificazione degli inderogabili doveri
di solidarietà sociale, imposti dall’art. 2 della Carta Costituzionale, imposta al
fideiussore dalla banca al solo fine di alterare ingiustificatamente l’equilibrio del
21 MAZZAMUTO, Il contratto di diritto europeo, Torino, 2012, 251.
22 AMADIO, Il terzo contratto, il problema, in GITTI - VILLA (a cura di), Il terzo contratto, L’abuso di
potere contrattuale nei rapporti tra imprese, Bologna, 2008, 16.
23 Sul punto vedi, però, in senso contrario RENNA, La fidejussione omnibus oltre l’intesa antitrust,
cit., 602.
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