Page 94 - IANUS n. 26 - Fideiussioni omnibus e intesa antitrust: interferenze e rimedi
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ANTONIO VALITUTTI





               9. L’opzione delle Sezioni Unite

                  Le Sezioni Unite, pur consapevoli dell’estrema problematicità della scelta tra
               le diverse forme di tutela riconoscibili al cliente-fideiussore, hanno, infine, optato
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               iper  la  tesi  della  «nullità  parziale» .  La  Corte  ha  anzitutto  osservato  –  non
               condividendo, sul punto, la tesi del Procuratore Generale, secondo cui le clausole
               vietate  sarebbero  state  inserite  nelle  fideiussioni  nel  libero  esercizio
               dell’autonomia privata, e che al consumatore potrebbe riconoscersi la sola tutela
               risarcitoria – che se le parti ben possono determinare il «contenuto del contratto»,
               ai sensi dell’art. 1322, c. 1, c.c. – esse sono, tuttavia, pur sempre tenute a farlo «nei
               limiti imposti dalla legge», da intendersi come l'ordinamento giuridico nel suo
               complesso, comprensivo delle norme di rango costituzionale e sovranazionale .
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                  Ebbene  –  come  dianzi  detto  –  l’art.  41  Cost.  prevede  espressamente  che
               l’iniziativa economica privata non debba svolgersi «in contrasto con l’utilità sociale
               o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà alla dignità umana», e che
               essa debba essere comunque sottoposta a «programmi e controlli opportuni» che la
               indirizzino e la coordino a «fini sociali». In tal senso si pone, del resto, la stessa
               norma antitrust succitata, la cui ratio è diretta a realizzare un bilanciamento tra
               libertà di concorrenza e tutela delle situazioni giuridiche dei soggetti diversi dagli
               imprenditori. Lo evidenzia, con estrema  chiarezza, la citata sentenza di queste
               Sezioni Unite n. 2207/2005, nella parte in cui precisa che la legge antitrust «detta
               norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari, non soltanto gli
               imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato», in particolare i consumatori,
               tenuto conto che il «contratto a valle costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale e
               realizzarne e ad attuarne gli effetti». In tale prospettiva – come si è detto – la pronuncia
               legittima il destinatario ad esperire sia la tutela reale che quella risarcitoria.
                  Se tale è la ratio della predetta normativa, il tenore letterale dell’art. 2, c. 3,
               della l. n. 287 del 1990, poi, è a sua volta inequivoco nello stabilire che «le intese
               vietate sono nulle ad ogni effetto». È del tutto evidente, infatti, che siffatta previsione
               ed in particolare la locuzione «ad ogni effetto», riproduttiva, nella specifica materia,
               del  principio  generale  secondo  cui  quod  nullum  est  nullum  producit  effectum  –
               legittima, come affermato da molti interpreti, la conclusione dell’invalidità anche
               dei contratti che realizzano l’intesa vietata, come – sia pure incidentalmente –
               affermano le stesse Sezioni Unite nella pronuncia summenzionata.

                  9.1. L’insufficienza della tutela risarcitoria

                  Con riferimento all’insufficienza della tutela risarcitoria – se riconosciuta da sola,
               senza la tutela reale – le Sezioni Unite hanno osservato che l’interesse protetto dalla


                  17  Cfr. Cass. Sez. Un., 30 dicembre 2021, n. 41994, in Resp. civ. prev., 2022, 822; in Nuova giur.
               civ. comm., 2022, 309; in Foro it., 2022, I, 1318; in Giur. it., 2022, 1832; in Banca, borsa, tit. cred., 2022,
               587; in Iudicium, Rivista online, 2022; in Contr., 2022, 145.
                  18  Cass. Sez. Un, 24 settembre 2018, n. 22437.

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