Page 15 - Carmelita Camardi - "Gigantismo" e disuguaglianze nell'economia dei dati. Appunti sulla governance europea delle relazioni digitali
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IANUS n. 27–2023 ISSN 1974–9805
che si sviluppano intorno e in ragione della predisposizione di informazioni e contenuti
di qualunque natura destinati al pubblico, resa possibile dalle piattaforme a richiesta
di qualunque destinatario dei loro servizi di hosting. Nessuna esenzione da questa
disciplina, dunque, per nessuna piattaforma di intermediazione, quale che sia
l’oggetto dell’attività di hosting svolta o intermediata, per lo meno quando la stessa
sia definibile come attività principale (non accessoria né marginale); anzi, tutto al
contrario, un rafforzamento dell’impianto regolatorio per quelle piattaforme che
rivelino una posizione di mercato maggiormente significativa.
Ed infatti – ed è questo un secondo elemento di novità – l’avere alzato lo
sguardo sul complesso fenomeno dell’intermediazione digitale ha permesso al
legislatore UE di vedere e cogliere l’importanza delle dimensioni e dell’impatto
che le piattaforme possono raggiungere. Ed è così che nell’art. 33 appaiono le
piattaforme e i motori di ricerca «di dimensioni molto grandi», individuate in
quelle che raggiungono «un numero medio mensile di destinatari attivi del
servizio nell’Unione pari o superiore a 45 milioni», e per le quali si prevede
nell’art. 34 che debbano individuare, analizzare e valutare «con diligenza gli
eventuali rischi sistemici nell’Unione derivanti dalla progettazione o dal
funzionamento del loro servizio e dei suoi relativi sistemi, compresi i sistemi
algoritmici, o dall’uso dei loro servizi», secondo il ben noto principio
dell’approccio basato sul rischio, adottato in tutti gli Atti dell’UE che disciplinano
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il fenomeno digitale .
Ciò posto, la disciplina del Digital Services Act, che adesso si esporrà in via
essenziale e sintetica e pur sempre nell’ottica del controllo del potere delle
piattaforme, dovrebbe coprire tutte le relazioni verticali stabilite con i fruitori del
servizio che non siano oggetto di altri atti normativi.
Essa si concentra in primis sulla questione della gestione dei contenuti e
disciplina assai analiticamente i poteri dei prestatori di servizi sia di agire sui
contenuti illegali, che di reagire con proprie decisioni alla ritenuta incompatibilità
dei contenuti forniti dal destinatario con la propria policy (artt. 6-10). Un tema,
questo, denso di implicazioni e tale da incidere non solo sugli interessi economici
dei fruitori, ma sui diritti di accesso e di espressione, specie se i contenuti
rappresentano manifestazioni del pensiero.
Si tratta certamente di una delle manifestazioni più tipiche del potere di
controllo delle piattaforme, spesso reso opaco nel suo esercizio dalla supremazia
tecnologica di cui esse dispongono, come pure dall’allentamento delle garanzie
individuali generato dall’ambiguità di fondo delle relazioni instaurate con il
pubblico dei fruitori. Una folla di destinatari del servizio nonché users senza tregua
25 Mentre nel Regolamento gemello intitolato Digital Market Act – di cui più avanti si dirà –
appaiono le piattaforme gatekeeper, i guardiani dell’accesso, soggetti «di grandi dimensioni», arroccati
in una posizione di mercato tale da determinare un serio difetto di ingresso e dunque di contendibilità
di quel mercato: un problema da affrontare in una logica tipicamente antitrust. Per un primo commento
sulle due proposte di regolamento cfr. RUOTOLO, Digital services act e Digital market act tra responsabilità
dei fornitori e rischi di bis in idem, che si legge qui http://www.sidiblog.org/2021/03/29/.
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