Page 12 - Luca Collura - L'eredità digitale: il problema della successione nell'account - IANUS: Diritto e Finanza - Quaderni 2023
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LUCA COLLURA
comunque un contratto di mediazione, come sopra precisato, quanto la
conclusione dell’affare tra l’utente e la piattaforma stessa, che altro non è
se non un normale contratto di compravendita, del quale, pertanto, non
ci occuperemo oltre nella presente trattazione.
Le piattaforme di sharing economy mettono in contatto tra loro gli utenti per far
sì che gli stessi possano “condividere” – di regola, però, dietro il pagamento di un
corrispettivo da parte di un utente all’altro – dei beni di loro titolarità (come una
camera della propria casa, un’automobile, un posto auto, ecc.). Anche in questo
caso, a ben vedere, la piattaforma altro non fa che svolgere un servizio di
intermediazione tra gli utenti, riconducibile al contratto di mediazione. E tuttavia,
a seconda della maggiore o minore incisività con cui la stessa influenza la fornitura
dei servizi da parte dell’utente-prestatore, le cose potrebbero farsi più complicate.
Come dimostrato da tre pronunce della Corte di Giustizia Europea , infatti: 1) se
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la piattaforma (come nel caso di Airbnb) si limita a mettere in contatto tra loro gli
utenti, senza determinare modi e tempi della prestazione del servizio né in altro
modo incidere sul contratto intercorrente tra i singoli utenti, allora la sua attività è
qualificabile come di mera intermediazione e, come detto, è da ritenere applicabile
la disciplina in tema di contratto di mediazione; 2) se invece la piattaforma (come
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nel caso di Uber) esercita un’influenza notevole sui modi e i tempi del servizio ,
allora la sua attività non si limita a permettere l’incontro di domanda e offerta ma
diviene ancillare rispetto al servizio principale, che è quello che viene poi erogato
dall’utente-prestatore, tanto da finire per divenire esso stesso il servizio offerto dalla
piattaforma, che non può più essere qualificata come piattaforma di sharing economy
ma diviene una vera e propria piattaforma di servizi, con la conseguenza che il
contratto tra la stessa e l’utente dovrà essere ricondotto a quello con cui tipicamente
viene prestato il servizio offerto (per es., nel caso Uber, contratto di trasporto), con
tutte le conseguenze del caso.
Da ultimo vengono in rilievo le piattaforme di pubblicità, che rappresentano
senz’altro quelle portatrici dei problemi maggiori in punto di inquadramento
giuridico del contratto intercorrente tra loro e l’utente. Appartengono alla species
delle piattaforme di pubblicità sia i motori di ricerca – i quali, in realtà,
solitamente non richiedono delle credenziali per poter accedere ai servizi che
forniscono – sia i famosi (o, forse, famigerati) social networks. Come abbiamo fatto
in precedenza – e tralasciando il discorso legato ai servizi offerti dai motori di
ricerca, l’utilizzo dei quali non comporta particolari problemi, non essendo
nemmeno richieste delle credenziali per la fruizione di esso –, quindi, la prima
30 CGUE, sent. 20 dicembre 2017, Associación Profesional Elite Taxi vs. Uber Systems Spain
SL; CGUE, sent. 10 aprile 2018, Uber France s.a.s.; CGUE, sent. 19 dicembre 2019, Airbnb Ireland
UC vs. Association pour un hébergemen et un tourisme professionnels (AHTOP).
31 Come ha potuto evidenziare la Corte, Uber sceglie i conducenti che possono svolgere il
servizio, fissa il prezzo (massimo) della corsa, riceve il pagamento dal cliente e successivamente
versa al conducente la quota di spettanza, supervisiona al rispetto degli standard di qualità dei
veicoli e sul comportamento dei conducenti, addirittura può escludere il conducente dal servizio.
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