Page 19 - Luca Collura - L'eredità digitale: il problema della successione nell'account - IANUS: Diritto e Finanza - Quaderni 2023
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IANUS - Quaderni 2023 ISSN 1974-9805
4. La natura del profilo e delle pagine personali e la qualificazione dei
contenuti in essi presenti
Come abbiamo avuto modo di vedere finora, al momento della stipula del
contratto tra l’utente e la piattaforma, essendo lo stesso qualificabile certamente
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come contratto standard di massa , la piattaforma richiede sempre all’utente la
creazione di un documento di legittimazione che permetta alla stessa di accertarsi
dell’identità di colui che si trovasse in futuro a richiedere l’erogazione del servizio
e all’utente di identificarsi con la piattaforma per richiedere di fruire del servizio
medesimo, cioè la creazione di un account.
Oltre all’account, però, la piattaforma – salvi rari casi, come quello dei servizi
offerti dai motori di ricerca, in cui, in realtà, solitamente non è richiesta nemmeno
la scelta delle credenziali – richiede altresì sempre e comunque la creazione di un
profilo e mette a disposizione dell’utente una o più pagine personali. È opportuno,
ora, ai fini della nostra analisi, comprendere quale sia la differenza tra gli stessi e,
di conseguenza, la disciplina applicabile.
Quando, in riferimento ai contratti tra utente e piattaforma, parliamo di
“profilo” facciamo riferimento all’insieme dei dati personali (nome, cognome,
luogo e data di nascita, domicilio/residenza, lavoro svolto, titoli di studio, ecc.)
che l’utente comunica e che vengono inseriti dalla società gestrice in una scheda
persona del cliente. C’è però da mettere immediatamente in chiaro un aspetto e
cioè che la comunicazione di questi dati personali è sempre “volontaria” e non
obbligatoria, nel senso che, se è vero che la comunicazione di alcuni – nello
specifico il nome, il cognome e la data di nascita – è richiesta dalla piattaforma
come condizione preliminare per la stipula del contratto stesso, è altresì vero che
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la piattaforma non effettua alcun controllo sulla veridicità dei medesimi , sia
perché non è di suo interesse sapere chi effettivamente sia il soggetto al quale
presta il servizio – che si legittima alla fruizione dello stesso soltanto
comunicando i dati che costituiscono l’account –, sia perché diventerebbe
senz’altro enormemente complicato per un soggetto che stipula contratti
standardizzati potenzialmente con ogni abitante del pianeta accertarsi
dell’effettiva identità di ciascuna controparte contrattuale. Si deve quindi
immediatamente fare una precisazione in merito alla definizione di “profilo”
come “insieme dei dati personali comunicati dall’utente”, e cioè che ha senso
parlare di “dati personali ” solo laddove quelli forniti dall’utente siano reali, in
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48 CAMARDI, L’eredità digitale. Tra reale e virtuale, cit., 79; MAGNANI, L’eredità digitale, in Not.,
2014, 524, seppur con esplicito riferimento ai soli contratti delle società che forniscono servizi di
posta elettronica.
49 Il riferimento non è ai c.d. pseudonimi (o, per utilizzare una terminologia più anglofona,
nicknames), che sono i nominativi, diversi dai veri dati anagrafici, di volta in volta scelti dai vari
utenti e visibili ai terzi, ma ai casi in cui i dati comunicati dall’utente alla piattaforma e destinati a
rimanere riservati, perché occorrenti solo per l’identificazione delle parti contrattuali nei rapporti
utente-piattaforma, siano inventati.
50 Che, secondo la definizione data dal par. 4, n. 1), Reg. UE 2016/679 (c.d. GDPR), è «qualsiasi
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