Page 27 - Luca Collura - L'eredità digitale: il problema della successione nell'account - IANUS: Diritto e Finanza - Quaderni 2023
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IANUS - Quaderni 2023 ISSN 1974-9805
Queste essendo le posizioni della dottrina e della giurisprudenza, seppur
straniera, in merito alla trasmissibilità mortis causa dei rapporti contrattuali e alla
derogabilità della regola, vediamo ora come utilizzare questi approdi per
addivenire ad una soluzione per il nostro interrogativo.
Abbiamo già avuto precedentemente modo di vedere che, secondo la dottrina, i
contratti stipulati tra l’utente e la piattaforma digitale per la fruizione dei servizi
dalla stessa offerti non possono considerarsi ex se dei contratti intuitu personae,
quanto meno rispetto alla persona dell’utente, atteso che per la piattaforma è
indifferente fornire un certo servizio a Tizio, a Caio o a Sempronio, per quanto lo
specifico utente possa poi, a seconda del servizio offerto, più o meno
personalizzarne la fruizione , e per la piattaforma rimane comunque del tutto
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indifferente chi sia l’utente, in quanto ella fornirà sempre a tutti il medesimo
servizio, senza discriminare tra un utente e l’altro, del quale, come già è stato detto,
non si preoccupa nemmeno di accertare l’identità personale, fornendo il proprio
servizio anche a soggetti che non sono quelli che le dichiarano di essere. Non può
quindi essere la caratterizzazione “personalistica” del contratto in sé a comportare
l’intrasmissibilità della posizione contrattuale dell’utente alla morte di questo.
Quid iuris, invece, laddove le condizioni generali di contratto prevedano
espressamente l’intrasmissibilità dell’account o ciò sia comunque previsto in una
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qualche sottosezione del sito?
È ben vero, come ho poc’anzi precisato, che la dottrina ha ritenuto genericamente
ammissibili delle clausole di questo tipo, ma non può negarsi che la sentenza del BGH
sopra richiamata offra interessanti spunti di riflessione. Nel momento in cui si va a
stipulare un contratto per la fornitura di un servizio da parte di una piattaforma
digitale, è di tutta evidenza che il potenziale utente, semplice quisque de populo, non
potrà imporre alla società di modificare le condizioni generali nel senso di espungere
l’eventuale clausola di intrasmissibilità dalle stesse contenuta e, se vorrà fruire del
servizio offerto, dovrà accettare il contratto così com’è, senza poter in alcun modo
concorrere nella determinazione del suo contenuto. Ci si deve allora chiedere se, a
fronte di tale impossibilità di partecipare alla determinazione del contenuto
contrattuale da parte dell’utente, una clausola di intrasmissibilità possa considerarsi
vessatoria ai sensi dell’art. 33 cod. cons., in quanto comportante un significativo
squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto. Ad una soluzione positiva
credo debba indurci non solo la constatazione che i contratti proposti da tutte le
piattaforme digitali attribuiscono alla piattaforma stessa, come previsione standard,
il diritto di modificare ad nutum i modi in cui l’utente può fruire del servizio,
ampliando e limitando le possibilità e gli strumenti allo stesso riconosciuti, ma anche
66 E così, per esempio, l’utente di Facebook potrà personalizzare al massimo la sua pagina
personale pubblica con l’inserimento dei più svariati contenuti, mentre l’utente di Amazon potrà
personalizzare ben poco, atteso che, tramite detta piattaforma, ci si limita di regola ad acquistare
beni, fisici e non, che ci verranno successivamente consegnati.
67 Qualunque sia la forma concreta di questa intrasmissibilità, come per esempio la
memorializzazione, la cancellazione, ecc.
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